TERESA SCARCELLA
TERESA SCARCELLA
Cronaca

La Via Crucis illumina Sollicciano. I detenuti si ’lasciano fiorire’: "Siete nostri fratelli e sorelle"

Mille in marcia solenne con Monsignor Gambelli da Scandicci fino ai cancelli dell’istituto. La testimonianza di un pentito al 41-bis: "Ai giovani che credono nella mafia dico di scappare".

Mille in marcia solenne con Monsignor Gambelli da Scandicci fino ai cancelli dell’istituto. La testimonianza di un pentito al 41-bis: "Ai giovani che credono nella mafia dico di scappare".

Mille in marcia solenne con Monsignor Gambelli da Scandicci fino ai cancelli dell’istituto. La testimonianza di un pentito al 41-bis: "Ai giovani che credono nella mafia dico di scappare".

di Teresa Scarcella

Dal condannato a morte per eccellenza, ai condannati a vita. Sotto la guida dell’arcivescovo Gherardo Gambelli, i giovani della diocesi sono partiti in Via Crucis da Scandicci per raggiungere il carcere di Sollicciano. Tappa simbolo, metafora di un varco di speranza aperto tra quelle quattro mura che spesso sbarrano la vista sulle opportunità, lasciando segni indelebili come lettere scarlatte. La detenzione diventa un marchio, che neppure la penitenza riesce a sbiadire. Ma lo ha ricordato ieri anche l’arcivescovo: "Il cristiano che agisce in politica è consapevole che la vita di ogni uomo e di ogni donna, proprio perché aperta ad un destino eterno, è chiamata a una pienezza di diritti in questa vita". Ecco che, nell’anno del Giubileo della Speranza, la Via Crucis dei giovani ha voluto portare agli ultimi quell’amore incondizionato che non fa distinzione e non esclude nessuno.

LA PARTENZA

Appuntamento in piazzale della Resistenza, alle 20.30. Puntuali le corde di una chitarra iniziano a vibrare e le voci del coro avvisano dell’imminente partenza. Le melodie delicate sovrastano la musica da venerdì sera che arriva dai locali. All’arcivescovo il compito di dare inizio alle preghiere. "Cari giovani, la speranza in Dio non delude". Un migliaio di fedeli, per la maggior parte sotto gli “anta”. Una partecipazione che, a sentire il Centro diocesano pastorale giovanile, ha superato di gran lunga le aspettative. Candele, ceri e smartphone in mano, i libretti si scaricano con un qr code. È la via Crucis dei nativi digitali. A ognuno vengono dati due bigliettini su cui rispondere alla domanda: "Cosa ti fa fiorire?". Poi verranno attaccati sui cartelloni al carcere, dove la rinascita è spesso un concetto opaco.

LA PROCESSIONE

Il peso del crocifisso è nelle mani del vicariato di Scandicci. Durante la processione passerà agli altri vicariati del territorio. Che il cammino, fisico e mentale, abbia inizio lungo il percorso di dolore che Gesù fece verso la crocifissione, sul Golgota. Nessuno parla, al massimo qualche brusio e timidi accenni musicali. Una voce canta su tutti, al ritmo delle centinaia suole di scarpe che toccano delicatamente l’asfalto. L’odore della cera ardente si mescola al profumo di gelsomino. L’aria è leggera. È la primavera, simbolo di risveglio. E la seconda stazione è un chiaro invito: lasciati ferire, che poi con "lasciati fiorire" ha poche differenze. Dopotutto "l’amore può guarirti" ricorda il coro. La terza stazione è di fronte la Parrocchia di Gesù Buon Pastore a Casellina, ma il piazzale non riesce a contenere tutti. Le preghiere si alternano alle esperienze vissute, alle riflessioni di chi ha trovato nella fede la forza di rialzarsi, il conforto per superare le difficoltà. Lasciati accogliere, è la quarta stazione. La testimonianza ascoltata in silenzio è quella di un detenuto siciliano, in regime di 41 bis: "Ho scontato fino ad oggi oltre 30 anni di carcere per reati di mafia. Da giovane ho creduto che la mafia fosse la speranza di una vita migliore. Ma, man mano che crescevo mi rendevo conto che in realtà era tutto un bluff, una terribile falsità". Oggi, da collaboratore di giustizia "a tutti quei giovani che credono nella mafia come speranza vorrei dire: scappate". Quinta stazione. Lasciati amare: "Solo chi accetta l’amore è capace di amare" è il monito in preghiera. Dietro l’angolo, ci sono le alte inferriate azzurre di Sollicciano.

SOLLICCIANO

Il rumore ferroso del cancello è il suono del carcere che si apre. La folla si divide in due come ad abbracciarlo. È la sesta stazione, l’ultima: Lasciati fiorire. "Nessuno si salva da solo, ci salviamo solo insieme - sono le parole conclusive dell’arcivescovo -. Al di là di queste sbarre ci sono fratelli e sorelle e noi siamo qui per dire loro che non li dimentichiamo. Perché se qualcuno dall’altra parte non vede speranze, fino a suicidarsi, non può lasciarci indifferenti". Chiaro riferimento ai fatti di cronaca consumati tra le mura delle carceri italiane, Sollicciano compreso. "Abolizione della pena di morte e rispetto dei diritti di tutti" è quello che l’arcivescovo chiede alla politica, poco prima di valicare i cancelli e "portare la luce". Ad aspettarlo dall’altra parte, un gruppo di volontari e il cappellano del carcere Stefano Casamassima. Insieme a lui entra il crocifisso, rimarrà lì dentro. Nelle mani di alcuni detenuti viene alzato in cielo e l’arcivescovo benedice tutti, dentro e fuori. Nessuno escluso.