
di Manuela Plastina
La piana fiorentina è piena di laghetti, davvero tanti e con nomi che molti magari neppure conoscono: c’è il lago dei Gaveri, del Troscio, dei Secchi, del Sestini, poi dello Scuffi, del Pantano, dei Martiri, del Fondaccio, e ancora Padovano, Cavalcante, di Bobi, dell’Ombrone, del Baroncelli, del Belliti. Sono tutti piccoli specchi d’acqua, laddove migliaia di anni fa c’era un’unica immensa palude. E sono luoghi venatori nei mesi aperti alla caccia. Ma anche spazi dove le scolaresche vanno in gita e i fotografi possono immortalare una fauna particolare.
Tutti questi piccoli laghi sono gestiti da privati, alcuni in veste di proprietari altri come affittuari. Ed è a loro che spetta il compito di mantenere queste zone umide e quel patrimonio floristico e faunistico amato anche dai Medici. Così, in questi giorni di siccità, sono i primi ad accorgersi gli animali che popolano queste aree intorno ai loro laghi stanno morendo. E lanciano l’allarme. Denuncia Marco Zaccagnini, che sta per costituire appositamente un’associazione, che porterà il nome di "Associazione dei Laghi della Piana di Firenze, Prato e Pistoia", che nelle sue intenzioni potrà riunire più di 350 persone: "Quasi tutti i laghi si sono prosciugati – afferma – con il relativo allontanamento degli animali di tutte le specie e la morìa in particolare dei neonati".
Eppure, sottolinea Zaccagnini, come terza generazione della famiglia proprietaria del Lago dei Gaveri a Signa, "qui conserviamo, a nostre spese, la biodiversità grazie al lavoro di un intero anno. Abbiamo ospitato trampolieri, fenicotteri, cicogne, cavalieri d’italia, aironi, martin pescatori". Il problema, delle ultime due stagioni estive è la mancanza di approvvigionamento.
Dall’estate 2020, il consorzio per decisione regionale apre i canali non a luglio, ma dopo il 10 settembre". Ma è tardi, sottolinea Valerio Balzoni, che insieme ad soci ha in affitto da un privato il lago dei Secchi, sempre nel territorio comunale di Signa: "Non abbiamo il tempo di ricreare il trofismo che genera la biodiversità. Non abbiamo mai chiesto soldi pubblici, paghiamo al genio civile un approvvigionamento che arriva tardi e stiamo vedendo morire ciò che abbiamo costruito". La caccia, aggiungono, è solo una piccola parte dell’attività che si svolge in queste zone umide, "con numeri irrisori perché sono cacciabili solo 6 specie, mentre qui ne vivono centinaia".
Di acqua non ce ne vorrebbe tanta: "Sono per lo più laghi artificiali, con altezze massime di 20 centimetri". Chi se lo può permettere, provvede a proprie spese con le autobotti, ma è oneroso. Anche alcune associazioni di fotografi e Arci Caccia hanno scritto alla Regione, chiedendo acqua per i laghi della piana. Ma dall’assessorato regionale alla Sanità confermano l’avvio dell’approvvigionamento solo a settembre, per motivi di prevenzione sanitaria veterinaria: la scarsità idrica del periodo, spiegano, non permette un corretto ricambio di acqua con relativa ossigenazione. Se diventa stagnante con queste temperature, aumenta il rischio di botulismo aviario, che provoca la morte lenta e dolorosa soprattutto degli anatidi. L’esperienza internazionale, sottolineano ancora dalla Regione, mostra che è meglio lasciare il fondo secco, col caldo che lo sterilizza ed evita la creazione di alghe e di focolai che difatti l’anno scorso con questa decisione furono evitati. La mancanza di acqua, concludono dagli uffici regionali, allontana solo provvisoriamente la fauna, ma poi torna naturalmente con le piogge, senza neppure danneggiare la stagione della caccia.