EMANUELE BALDI
Cronaca

"L’Arno era il mio amico. Quelle nuotate con Berto. Paura? Non può farmela"

Cinzia Th Torrini racconta il suo rapporto simbiotico con il fiume da piccola. Dai viaggi con l’ultimo barcaiolo della Nave all’alluvione: "Ricordo la melma".

Cinzia Th Torrini è cresciuta alla Nave. Nel 1977 girò ’Prima o poi...’, la storia dell’ultimo traghettatore dell’Arno, prima. costruissero il ponte di Varlungo

Cinzia Th Torrini è cresciuta alla Nave. Nel 1977 girò ’Prima o poi...’, la storia dell’ultimo traghettatore dell’Arno, prima. costruissero il ponte di Varlungo

"L’Arno era il mio mare" disse un volta al nostro giornale Cinzia Th Torrini. Per la regista cresciuta sulle sponde della Nave a Rovezzano dove il fiume – in quel borgo che oggi è allacciato alla città e ha barattato il respiro lento di piccolo mondo antico con il comfort urbano, ma che un tempo era l’ultimo avamposto della campagna fiorentina – l’Arno era il bacio del giorno e la carezza della sera.

Ci racconta cos’era per lei questo fiume che oggi è tornato a farci paura?

"L’Arno? Era il mio amico. Sono nata alla Nave, quindi più vicina di così al fiume non c’era verso... E poi son cresciuta con Berto".

L’ultimo famoso barcaiolo della nave che andò in pensione quando fu costruito il ponte di Varlungo.

"Eh sì. Fin da bambina ero la sua ’assistente’ (ride ndr). Lo accompagnavo quando faceva la spola da una parte all’altra dell’Arno. ’Si va a dare il pane alla nane’ mi diceva ridendo. E poi con lui ho imparato a nuotare".

In Arno? Oggi sarebbe impensabile.

"Eh sì, ma parliamo di un altro mondo. Lui mi legava alla corda e io mi tuffavo in acqua".

Insomma l’Arno, il suo miglior amico, all’alba di quel 4 novembre del 1966 la tradì?

"Beh, in un certo senso".

Cosa ricorda di quel giorno?

"Avevo dodici anni e con i miei genitori abitavamo già in via di Badia, poco distante dalla Nave. Ma lì vivevano ancora i miei nonni. Alle cinque del mattino, molto prima che in centro a Firenze, l’Arno ruppè alla Nave a Rovezzano".

Chissà lo spavento.

"Fu enorme. Il babbo era a caccia in Maremma e allora la mia mamma, che era sempre molto coraggiosa, salì su un barchino insieme a un’altra persona e si avviò verso la Nave per raggiungere i miei suoceri. Il nonno le urlò: “Vai via, vai via“. In effetti c’erano dei mulinelli d’acqua pericolosissimi".

E poi cosa successe?

"Il giorno dopo tornai alla Nave anch’io. Volevo aiutare i miei nonni. Allora andammo a piedi fino al Campo di Marte ove distruibuivano il pane e l’acqua. Poi mi ricordo una cosa incredibile".

Ci racconti.

"Alla radio iniziarono a dire ’Crolla la diga, crolla la diga’. Lagente terrorizzata iniziò a correre via dappertutto, anche con gli anziani sulle spalle. In tanti sciolavano nel fango. Una scena quasi catastrofica...".

Di fatto per una delle prime ’fake news’ della storia...

"Eh già (ride ndr). Però allora la gente ci credette. E a me quella storia valse i complimenti di Piero Bargellini".

Il sindaco dell’alluvione. E perché?

"Quando tornammo a scuola, alla Don Facibeni di via Villamagna, l’insegnante ci fece scrivere le nostre testimonianze sul diluvio che poi raccolse in un piccolo libro. Quando Bargellini venne a trovarci e lesse il titolo del mio racconto – e cioè ’Allarme, allarme, la diga sta crollando’ – mi fece i complimenti".

Senta, l’Arno le ha più fatto paura?

"Ma no, paura no. Sa cosa invece mi terrorizza da sempre? Il rischio di finire in acqua con l’auto. Per questo mi sono comprata anche un piccolo martellino. Per rompere il vetro in caso di emergenza".