di Stefano Brogioni
FIRENZE
Che fine hanno fatto le chat e le intercettazioni ambientali dell’inchiesta sul racket delle stanze che avrebbe scatenato la guerra dentro l’hotel Astor?
E’ la domanda, presentata sottoforma di eccezione al giudice dell’udienza preliminare Fabio Gugliotta, da parte dell’avvocato Elisa Baldocci, difensore dei quattro peruviani imputati per le estorsioni - culminate anche in un tentato omicidio, secondo l’accusa - che si sarebbero consumate dentro l’immobile da cui, il 10 giugno 2023, è scomparsa la piccola Kata.
Per la mancanza di queste conversazioni e delle perizie sui telefoni nel fascicolo con cui i pubblici ministeri Christine Von Borries e Giuseppe Ledda, hanno chiesto il rinvio a giudizio dei quattro - tra questi lo zio materno di Kata, Abel Argenis Vasquez e il “padrone“ dell’occupazione di via Maragliano, Carlos Palomino De La Colina, detto “el dueno“, oltre ai due sodali Nicolas Eduardo Lenes Aucacusi e Carlos Manuel Salinas Mena -, il giudice ha disposto un rinvio dell’udienza preliminare al prossimo 15 luglio. Quelle telefonate, raccolte probabilmente nel più vasto procedimento avviato dopo la misteriosa scomparsa della bambina, rappresentano un giallo nel giallo: cosa dicono gli indagati nelle chat perlustrate mediante l’utilizzo di una parola chiave? E in carcere, si è parlato fra peruviani e rumeni di cosa sia successo a Kata quasi dodici mesi fa?
Per ora, si sa soltanto che parallelamente al filone del racket, resta aperto un fascicolo per il rapimento della piccina in cui restano indagati i due zii. Tramontata - almeno per la procura, che ha chiesto l’archiviazione - la pista delle valigie: nei confronti dei tre soggetti visti attraverso le telecamere lasciare l’albergo di via Maragliano nello stesso pomeriggio in cui si sono perse le tracce di Kata trascinando trolley o borsoni, non sono emersi indizi degni di rilievo.
Lo zio Abel, l’ultimo ad aver visto Kata quel giorno assieme all’altro zio paterno, Marlon, ieri mattina era presente (come gli altri quattro imputati) alla “falsa partenza“ dell’udienza preliminare.
Vestito sportivo e griffato, occhi parzialmente nascosti dalla visiera di un berretto da baseball, Abel non si è nascosto alle telecamere concentrate soprattutto su di lui ma ha fatto finta di non sentire le domande.
Ieri mattina, infine, shanno fatto richiesta di costituzione di parte civile anche tre persone offese dei taglieggiamenti che sarebbero avvenuti nel clima rovente dell’ex albergo di via Maragliano.
Tra questi anche l’ecuadoregno che per sfuggire a quella che secondo l’accusa era una rappresaglia per impossessarsi di camere “da vendere“, si lanciò da una finestra all’ultimo piano dell’immobile. Lui, e la compagna, sono rappresentati dall’avvocato Alessia Rurio.