L’attacco al Consolato Usa. Una mail tramite la rete del B&B. Tutti gli errori del baby terrorista

Nella tasca dei pantaloni anche la ricevuta del pagamento delle due notti passate in via Solferino. La sua sagoma nelle immagini di più telecamere. Il passato ai raggi X: fino al 2018 abitava all’Argingrosso.

L’attacco al Consolato Usa. Una mail tramite la rete del B&B. Tutti gli errori del baby terrorista

L’attacco al Consolato Usa. Una mail tramite la rete del B&B. Tutti gli errori del baby terrorista

FIRENZE

Da quando è partita quella mail all’indirizzo della Rai, venerdì mattina, è diventato tutto molto più chiaro, per i carabinieri, la polizia e gli specialisti della Postale. Quella sagoma vestita di scuro inquadrata da più telecamere nella zona del Consolato americano, nelle ore prime del giorno precedente, giovedì, ha cominciato ad assumere un’identità ben definita, ovvero quella dell’ospite di un bed and breakfast di via Solferino. L’unico ospite di mercoledì e giovedì.

Dani Moh’d Hakam Taleb aveva scelto la struttura ricettiva come base. Pensava che la wi-fi dell’albergo bastasse a scollegarlo dal video di rivendicazione spedito, nella stessa mattina, anche ad altri media.

Con la perquisizione, scattata nella notte di sabato, nell’abitazione nel comune di Dicomano dove da qualche anno la famiglia - padre giordano, mamma palestinese, quattro figli - si è trasferita, sono arrivate altre, pesantissime (dal punto di vista investigativo) conferme, che hanno motivato il fermo in carcere scattato sabato mattina: il giubbotto nero con il cappuccio della notte del lancio di molotov, la mimetica che indossa l’individuo con la voce alterata nel video di rivendicazione, un tappetino da preghiera che puzzava di benzina, lo scontrino del pagamento (77 euro) delle due notti al B&B vicinissimo al Consolato Usa.

Altri immediati riscontri sono arrivati dal telefono: nell’apparecchio, che aveva agganciato il reticolo di celle telefoniche in zona lungarno Vespucci negli stessi minuti dell’attacco alla sede diplomatica, le immagini finite nella rivendicazione.

E ora, quello smartphone - sequestrato assieme ad altri supporti informatici - dovrà dire il resto. E cioè se, come pare, Hakam Taleb sia un "cane sciolto" che ha sposato la causa di Hamas navigando nei canali Telegram della propaganda antisionista (coniando anche un proprio canale, “The whole world is Hamas”, il mondo intero è Hamas) o se invece abbia dei contatti veri con chi combatte contro Israele. Sembra prevalere la prima ipotesi.

Lui, finora, è stato come un invisibile agli occhi dell’antiterrorismo nostrano. Nessun precedente penale, nessuna attività “in chiaro” sui social, neanche una partecipazione attiva ai cortei pro Palestina, al contrario del padre, vicino alla causa dei suoi compatrioti.

La famiglia ha abitato all’Isolotto, zona Argingrosso, fino alla fine del 2018. Poi si è trasferita fuori, nel territorio di Dicomano. Per lavoro, Dani, da poco assunto in un albergo, usa il treno.

Il 22enne, come tanti giovani della sua età, ha dimestichezza con il web.

L’habitat che lo avrebbe radicalizzato fino a passare all’azione. E’ accusato di un reato pesantissimo: terrorismo e porto di armi da guerra. La sua azione, e numerose altre, sarebbero dovute servire a dissuadere lo stato Italiano dal fornire appoggio a Israele.

I pm della Dda, Luca Tescaroli e Lorenzo Gestri, ipotizzano che possa avere contatti all’estero e che dunque meditasse una fuga.

Nelle prossime ore, dovrà comparire davanti al giudice per la convalida. Ai magistrati, per ora, ha risposto con il silenzio più assoluto.

Stefano Brogioni