"Siamo i nuovi servi della gleba informatizzati": è amaro il commento di Daniele Bonini, titolare dell’azienda "Il Grillo" di Luco di Mugello. Anche lui, come i colleghi allevatori mugellani che producono latte, è preoccupato per una situazione di mercato che non promette nulla di buono. Perché – come denunciava ieri dalle pagine de La Nazione, Remo Marchi, allevatore di Firenzuola e presidente della Granducato, la cooperativa che raccoglie il latte toscano – ormai da tempo il prezzo alla stalla, pagato dalle aziende della trasformazione, a cominciare dalla Centrale del Latte d’Italia, è più basso dei costi di produzione, almeno di 8-9 centesimi al litro. "C’è qualcosa che non funziona – ragiona Bonini – perché non è possibile che solo un quarto di quello che il consumatore paga vada al produttore, che è l’anello più debole della filiera. Così salta tutto. E non so fino a quando si reggerà".
Le stalle da latte, in Mugello – la terra che fornisce alla Centrale la quasi totalità del latte fresco di Firenze, un latte che per la sua alta qualità da anni ha anche un suo marchio, il "latte Mugello" – stanno infatti chiudendo. Se qualche anno fa chiuse la stalla Conti, tra Borgo San Lorenzo e San Piero, e vennero a mancare d’un colpo 30mila quintali di latte l’anno, adesso chiudono i battenti altre stalle, da Firenzuola a Vicchio. Gli allevatori mettono sotto accusa il divario incredibile tra il prezzo del latte pagato a loro, e il prezzo del litro di latte sugli scaffali dei supermercati. "E’ un differenziale scandaloso – ripete Marchi –: dai 52 centesimi pagati alla stalla, ai 2 euro e 20 del prezzo in un supermercato". L’allevatore firenzuolino è amareggiato: "Non mi sento di fare particolari richieste alla politica – dice – perché il mercato ha logiche non ascoltano la politica, e siamo in un mondo complicato e globalizzato. Un prezzo per decreto legislativo non esiste".
Anche Bonini è pessimista: "Non abbiamo margini di trattativa e siamo costretti ad accettare il prezzo certificato nazionale. Ma produrre il latte in Mugello non è come produrlo in pianura padana. Da noi gli appezzamenti sono più piccoli, i costi di lavorazione più alti, e non si può seminare il mais perché i cinghiali te lo distruggono. Ecco perché non possono pagarci lo stesso prezzo".
Paolo Guidotti