Omissioni, errate valutazioni, modelli organizzativi nazionali sbagliati, analisi dei rischi scriteriate. Per la procura di Prato, Eni non ha saputo "intercettare e correggere gli errori di pianificazione e realizzazione" dei lavori. Ma non solo.
CONDIZIONI DI LAVORO
A monte di tutto quello che è stato verificato dagli inquirenti, per la procura c’è l’evidente "condizione di sottovalutazione delle interferenze tra attività di imprese". L’errore – che sarebbe stato commesso da Luigi Collurà, indagato – emerge nella redazione del Duvri, il documento unico di valutazione dei rischi interferenziali che analizza e descrive la corretta gestione della sicurezza durante le attività in appalto. In quel testo, dal datore di lavoro "dell’impresa committente (Eni, ndr) non vengono comunicati né quali rischi di interferenza (tra le due operazioni, la manutenzione e il carico di carburante), né attraverso quali precauzioni i rischi possano essere eliminati o mitigati". La mancanza di tutto ciò impediva alla Sergen "sia di assolvere gli obblighi di informazione sui rischi, sia di predisporre strumenti di controllo e prevenzione".
MODELLO DIFFUSO
Dalle indagini degli atti di Eni, la procura evidenzia che la modalità di azione della società "è risultata indistintamente comune in tutti i depositi" della società in Italia. Cosicché "l’interesse e il vantaggio è ancor più ampliato su scala nazionale".
LETTURA DEI RISCHI
Errata anche la valutazione della tipologia dell’evento, che Eni, secondo il metodo statistico utilizzato, aveva classificato con una probabilità di accadimento molto bassa.
INDAGINI "OSTACOLATE"
Nell’ambito delle indagini sarebbe emerso anche un tentativo di ostacolare le indagini. Gli investigatori hanno rilevato che in una cartella condivisa tra Eni e Sergen sarebbero stati inseriti alcuni documenti prodotti successivamente al disastro. Nei file veniva citata la linea interessata dall’esplosione e le valvole ’incriminate’, mai comparse prima in nessun atto. Documentazione che "non avrebbe ragione di esistere", scrive la procura, "a valle di un incidente che ha fermato l’attività del sito". Quindi, "proiettata a ostacolare l’individuazione di responsabilità da parte delle figure professionali Eni".
IL VERBALE FANTASMA
Manca all’appello il verbale del sopralluogo del 18 novembre 2024, nel quale si sarebbe deciso di compiere quelle operazioni non previste dal progetto che avrebbero provocato la fuoriuscita della nube di benzina.
LA QUESTIONE ECONOMICA
La procura, negli atti di indagine, ha evidenziato che la manutenzione del deposito non doveva essere condotta durante il normale carico delle autobotti, operazione che, se interrotta, avrebbe causato, ha riferito il procuratore Luca Tescaroli, "una perdita economica per Eni stimata in circa 255mila euro per una giornata". Cifra calcolata tenendo conto del prezzo media per benzina e gasolio, il numero di autobotti non caricate e il volume prodotto in un turno di lavoro.
EVENTO EVITABILE
L’incidente è risultato, si legge nella richiesta di incidente probatorio della procura, "in concreto prevedibile". E avrebbe potuto essere impedito se "non vi fosse stata la ’sfalangiatura’", con una adeguata "informazione dei rischi", con "l’isolamento delle due linee con diverse modalità", senza "la fonte d’innesco" presente sul luogo, e chiaramente senza "nessun carico di autobotte sulla corsia 6". È emerso, si conclude, "un errore grave e inescusabile".
L’ALTRA INCHIESTA
Non è escluso che sulla scrivania di Tescaroli sia presente anche una seconda inchiesta in merito al presunto inquinamento ambientale provocato dall’esplosione nel territorio e nei vicini corsi d’acqua.
Pie.Meca