Le carte dell’inchiesta: "Dai professionisti il supporto necessario alle ditte apri e chiudi"

La commistione fra commercialisti empolesi e imprenditori cinesi: gli atti della procura alla base dell’accusa di associazione per delinquere .

Le carte dell’inchiesta: "Dai professionisti il supporto necessario alle ditte apri e chiudi"

Le carte dell’inchiesta: "Dai professionisti il supporto necessario alle ditte apri e chiudi"

di Stefano Brogioni

EMPOLI

Avevano scaricato l’applicazione “We Chat“, il “Whatsapp“ che usano i cinesi, per comunicare meglio con i loro clienti. Ma nella ricostruzione della guardia di finanza, imprenditori sinici e commercialisti empolesi erano diventati un’unica squadra. Anzi, un’associazione per delinquere, secondo i pm della procura fiorentina, che prende tre forme, diverse nei componenti ma speculari nella sostanza. In pratica una per ogni studio professionale di Empoli finito al centro della maxi inchiesta delle fiamme gialle sulle mele marce del distretto industriale empolese. In 33 sono finiti agli arresti domiciliari, quattro di questi sono consulenti fiscali e 8 loro dipendenti. Tra questi, Fabio Cecchi, di Capraia e Limite, Deborah Scovaventi, di Montespertoli, Simona Vignolini, di Montelupo, gli empolesi Elena Rinaldi, Ennio Puccini, Simone e Giancarlo Olivieri.

Le intercettazioni. "Se c’è passata l’Asl ripassa, eh attenzione": è uno dei colloqui tra uno dei professionisti e i loro clienti, captati dalla guardia di finanza. D’altronde, secondo le accuse, i professionisti avrebbero messo a disposizione degli imprenditori "le loro competenze tecniche derivanti dalla loro professione di commercialisti ed esperti contabili". Assieme, avrebbero partecipato a "un’associazione che, pur priva di una precisa gerarchia interna ma comunque caratterizzata da sistematicità di organizzazione e indirizzo operativo". Gli imprenditori cinese avrebbero trovato nei professionisti "il necessario supporto intellettuale e logistico per sottrarre al pagamento delle imposte i cespiti aziendali attraverso una successione di imprese individuali quasi sempre affidate nominalmente a titolari apparenti secondo una ripetizione costante di schemi operativi".

Ovvero: gli imprenditori cinesi producevano e vendevano avvalendosi di più ditte individuali intestate a teste di legno ma di fatto da loro gestite. Quando le imprese individuali maturavano consistenti debiti con l’Erario venivano chiuse: la produzione proseguiva con nuove aziende, intestate a prestanome ma con gli stessi dipendenti e macchinari, l’Erario invece non riusciva a far valere i proprio crediti nei confronti delle teste di legno, spesso irreperibili o nullatenenti. E’ stata l’Inps a segnalare una moltitudine di posizioni incongruenti e dare di fatto l’impulso di partenza alle indagini. Che hanno un riverbero importante sull’economia locale.

"I distretti industriali sono sistemi organizzati di imprese che rappresentano una filiera produttiva che va dalle lavorazioni della materia prima fino alla realizzazione del prodotto finito - analizza il generale Bruno Salsano, comandante provinciale della guardia di finanza -. Queste entità economiche caratterizzano un territorio, hanno un know how, una potenza economca e producono effetti positivi sull’economia, sul reddito pro capite, sul Pil, sull’occupazione. Il nostro presidio è importante perché se un anello di questa filiera si indebolisce può essere aggredito e diventa appetitoso per le compagini criminali che, una volta entrate nel sistema produttivo mettono in difficoltà tutto il sistema. Perché gli altri che rispettano le regole non stanno al passo dello scorretto. Un distretto così va in crisi e ci sono effetti negativi anche sociali. Estirpare l’imprenditore scorretto conclude - significa - fare il bene di tutto il settore".