Le carte. Soci di un impero in centro storico esploso col covid

Chi sono Alessandro Bigi ed Eluert Kamami. I pm: "Fino al 2014 dichiaravano redditi miseri".

Le carte. Soci di un impero in centro storico esploso col covid

Le carte. Soci di un impero in centro storico esploso col covid

Il ristoratore e il ragazzo venuto con il barcone. Assieme, hanno costruito un impero, acquistando un locale dopo l’altro sfruttando anche la pandemia, fino a permettersi la Ferrari. Detta così, sembra una favola quella di Alessandro Bigi e Eluert Kamami, i principali indagati della maxi inchiesta della Dda di Firenze sulle mani della criminalità albanese sui ristoranti del centro di Firenze.

"Kamami e Bigi - scrivono i pm Luca Tescaroli e Christine Von Borries - hanno acquistato e/o preso in affitto da soli o insieme, a partire dal 2013 e fino al dicembre 2022, in gran parte in Firenze e Toscana, circa 19 ristoranti, un birrificio e un B&B, con denaro di prevenienza delittuosa".

La Dda calcola che tali operazioni sarebbero costate circa dieci milioni di euro, ma il reddito dichiarato dei due imprenditori della ristorazione, secondo le accuse, non ’sopporterebbe’ un tale investimento. Kamami, in Italia dal 2004, e Bigi, "pur non avendo disponibilità tracciabile e lecita di tale ingente somma di denaro", argomentano ancora i pm, "hanno cominciato ad acquisire attività di ristorazione che adesso è diventata una fonte lecita di guadagno, ben prima di iniziare a dichiarare redditi significativi".

Nel 2023 Bigi ha acquistato una Ferrari 296 da 400mila euro, ma "fino al 2013 ha dichiarato redditi annui lordi sempre inferiori a 15mila euro, e solamente dal 2014 importi più rilevanti, da 88mila ad oltre 248mila nel 2022"; un po’ come Kamami che fino al 2013 non ha mai superato i 20mila euro - tranne nel 2012, 25mila - e dal 2014 è salito da 80mila fino a 250mila del 2022.

Secondo la guardia di finanza, il "tesoro" dei due soci sarebbe stato accumulato non facendo "emettere gli scontrini fiscali per buona parte delle prestazioni delle attività di ristorazione da loro gestite" e facendo "confluire tale danro, asportato quotidianamente dai ristoranti, in una ’cassa comune’". Con quella, dicono gli inquirenti, avrebbero pagato ’in nero’ alcuni dipendenti, acquisito sempre nuove attività, acquistato sempre ’in nero’ le quote dell’Ischia calcio e pagato i beni di lusso come auto da sogno, gioielli, oro e orologi. Al ristorante ’Cavallino’ di piazza della Signoria, i finanzieri avrebbero filmato la divisione degli introiti.

ste.bro.