STEFANO BROGIONI
Cronaca

Le inchieste e i processi. Assolto Pacciani, arrestato Vanni. Un rompicapo per trovare il killer

Il Vampa morto prima di una sentenza definitiva, condannati i suoi complici di alcuni delitti. Le piste rimaste a metà: quella dei mandanti e del legionario. E la Beretta è ancora un mistero. .

Il Vampa morto prima di una sentenza definitiva, condannati i suoi complici di alcuni delitti. Le piste rimaste a metà: quella dei mandanti e del legionario. E la Beretta è ancora un mistero. .

Il Vampa morto prima di una sentenza definitiva, condannati i suoi complici di alcuni delitti. Le piste rimaste a metà: quella dei mandanti e del legionario. E la Beretta è ancora un mistero. .

di Stefano BrogioniFIRENZELa Corte d’Assise che il primo novembre 1994 condanna Pietro Pacciani per sette degli otto duplici omicidi del mostro, nelle motivazioni dice che il contadino di Mercatale non può aver agito da solo.

Il procuratore Piero Luigi Vigna decide allora che questa “nuova” indagine sia affidata a un investigatore estraneo a tutto il pregresso, che avrà il compito di rileggersi tutte le carte soprattutto per portare alla luce elementi che prima, per l’ipotesi del killer solitario, erano stati accantonati: è il nuovo capo della squadra mobile di Firenze, Michele Giuttari. L’attenzione di Giuttari si concentra sulle amicizie di Pietro Pacciani.

Un amico del Vampa, il postino di San Casciano in pensione, Mario Vanni, soprannominato Torsolo, chiamato sul banco dei testimoni al processo Pacciani, si è comportato in modo imbarazzante. E’ lui l’involontario inventore dei “compagni di merende”, perché alla prima domanda del pm Canessa, che gli chiede quale lavoro faccia, risponde minimizzando i rapporti con l’imputato. "Io sono stato a far delle merende col Pacciani...." Il Vanni, in quell’occasione, viene chiamato a rispondere per un episodio che lo vide protagonista, di cui ha parlato un altro testimone, amico sia del Vanni, che del Pacciani, Lorenzo Nesi. E cioè il contenuto di una lettera, scritta dal Pacciani detenuto per la violenza alle figlie, che mette in agitazione il postino. Vanni dribbla le domande. Tanto da far infuriare il presidente della corte d’assise Enrico Ognibene. "Guardi che lei è singolarmente reticente, a dire poco. Se va avanti così rischia un’incriminazione per falsa testimonianza". Peggio: nel gennaio del 1996, Vanni verrà accusato del concorso nei duplici omicidi.

E Giancarlo Lotti? Detto Garibaldi, o Katanga, compare per la prima volta negli atti della Sam - la squadra antimostro - il 19 luglio del 1990. La Sam non sa ancora che qualche anno dopo, Lotti confesserà di aver partecipato agli ultimi delitti del mostro, diventando a tutti gli effetti un pentito con tanto di protezione.

L’inchiesta "mostro bis" esplode mentre Pacciani affronta il secondo grado. Così, nel 1996, il caso mostro viaggia su due binari distinti. E distanti: da una parte Giuttari e il suo gruppo investigativo che trova conferme nella pista dei complici del contadino di Mercatale (Vanni viene arrestato il 12 febbraio), e dall’altra il processo d’appello al Vampa che s’avvia (il giorno successivo) a una debacle per l’impianto accusatorio, con il pg Piero Tony, che chiede (e ottiene) l’assoluzione. In mezzo, c’è un momento di grande frizione: è quello in cui viene chiesto di integrare il dibattimento in corso con i quattro nuovi testimoni. E’ il punto di contatto tra l’inchiesta di Giuttari e il processo di secondo grado al principale accusato, ma la segretezza dell’indagine e la “pubblicità” del dibattimento fanno a pugni. I quattro super testimoni “coperti” (Alfa: Fernando Pucci; Beta: Giancarlo Lotti; Gamma: Gabriella Ghiribelli; Delta: Norberto Galli) non vengono ammessi dalla corte d’appello presieduta da Francesco Ferri. L’assoluzione di Pacciani verrà annullata proprio in virtù di questa anomalia procedurale. Pacciani non farà in tempo ad essere giudicato di nuovo, perché muore il 22 febbraio del 1998, un mese prima della sentenza del processo mostro-bis. I compagni di merende invece sì. Vanni, le cui condizioni di salute peggiorano di mese in mese (morirà nel 2009) si prenderà l’ergastolo per Baccaiano, Giogoli, Vicchio e Scopeti. Per gli stessi delitti, pena definitiva di 26 anni a Lotti, deceduto nel 2002. Anche se ancora una volta, la procura generale (com’era accaduto per Pacciani) chiederà l’assoluzione degli imputati.

Secondo le sentenze, però, Lotti e Vanni non c’erano a Calenzano nel 1981 (e infatti l’altro presunto “compare”, Giovanni Faggi, viene assolto in ogni grado), e l’accusa, assecondando le confessioni di Lotti, non ha mai contestato ai compagni di merende il delitto del giugno 1981 a Mosciano (il primo con l’escissione del pube) e il precedente del 1974 a Sagginale. Chi ha compiuto quei delitti? Con questo dubbio non certo secondario, le indagini vanno avanti. Fino al presunto secondo livello: e cioè che i delitti del mostro fossero ordinati da dei mandanti, pronti a pagare per i feticci delle vittime femminili.

Ma il processo al farmacista di San Casciano Francesco Calamandrei, ritenuto quel "dottore" che, sempre secondo Lotti remunerava Pacciani per i macabri trofei, si schiantò contro un’assoluzione in primo grado mai appellata dalla procura. Da allora, a Firenze, solo una nuova pista “complementare“, quella del legionario Vigilanti, terminata in archiviazione. Mai ritrovata la Beretta calibro 22. E tanti altri mostri, senza alcuna certezza su chi fosse, o cosa fosse, quello vero.