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Le lacrime di Anne, 38 anni dopo: "Mia madre vittima di femminicidio"

La figlia di Nadine Mauriot a Firenze per l’udienza che potrebbe chiudere per sempre l’inchiesta "Non siamo soddisfatti, sentenze incomplete: mancano dei pezzi che la giustizia deve ancora cercare".

Le lacrime di Anne, 38 anni dopo: "Mia madre vittima di femminicidio"

di Stefano Brogioni

FIRENZE

Quando ad Anne Lanciotti viene chiesto un ricordo di sua mamma Nadine Mauriot, uccisa con il fidanzato Jean Michel Kraveichvili dalla calibro 22 del mostro di Firenze, nel settembre del 1985, una ferita mai rimarginata ricomincia a sanguinare, anche se sono passati 38 anni. Si emoziona, trattiene le lacrime ma va avanti, Anne, perché è venuta appositamente a Firenze, per la prima volta nella sua vita, non solo per partecipare all’udienza in programma stamani, quella dell’opposzione all’archiviazione sull’ultima inchiesta sui delitti che, tra il 1968 e il 1985, sono costati la vita di sua madre e di altri quindici giovani, ma anche per descrivere quanto e come si siano sentiti "calpestati" dalla giustizia italiana.

"Non siamo soddisfatti, questa verità non è completa, mancano dei pezzi che bisogna continuare a cercare e trovare", dice. Mastica un po’ di italiano, Anne, anche se preferise sfogarsi nella sua lingua. Salvatore Maugeri, l’insegnante di sociologia amico d’infanzia di Jean Michel che l’accompagna, traduce.

Traduce anche il dramma di una bimba di 4 anni che non vide più la sua mamma tornare da un viaggio di svago e lavoro in Italia. "E’ stato tutto così pesante, il colpo sulla nostra testa così forte che la famiglia è rimasta completamente paralizzata, congelata. Su quello che è accaduto calò il silenzio, la famiglia ha cercato di non parlarne mai".

Ma anche se preferisce non mostrarsi in volto per tutelare suo figlio, il bisogno di verità è forte, insopprimibile. "Sono qui, e parlo anche per mia sorella, per ringraziare il mio avvocato Vieri Adriani che da tanti anni sta lottando per ottenere la verità. Sono qua per cercare di capire come mai i vari processi si sono arenati nell’impasse, errori, mezze verità. Vedo nel modo di funzionare della giustizia una dimensione patriarcale, arretrata che manca di collegamento con le tematiche odierne. Come mai questo criminale si è accanito così contro le donne? E’ prima di tutto un femminicidio".

Tramite Adriani e l’avvocato Gaetano Pacchi, Anne aveva anche richiesto di tornare in possesso di alcune foto di sua madre, contenute nella macchina fotografica che era nella tenda in cui è stata ammazzata. "Erano gli ultimi attimi di felicità di mia madre, vorrei che questo ricordo mi restasse". Infine, un appello anche ai giornalisti: "Sono molto d turbata dall’utilizzo del termine ’mostro’. Per me il termine mostro rinvia a qualcosa di sovrumano, invece siamo di fronte a personaggi umani con disturbi mentali gravissimi, niente di divino o mitologico. Sono degli umani, la giustizia deve tenerne conto e anche voi giornalisti dovete cambiare i termini".