FIRENZE
Ore ’truffa’ a medicina, le accuse ai professori si ridimensionano. Sono tre le richieste di rinvio a giudizio ma ben nove le richieste di archiviazione: la ’retromarcia’ della procura di Firenze riguarda uno dei filoni della più ampia inchiesta su Careggi inerente le certificazioni dell’attività didattica svolta da una dozzina di docenti tra il 2016 e il 2017.
Nell’ipotesi originaria dell’accusa, i pm Luca Tescaroli, Antonino Nastasi e Massimo Bonfiglio contestavano incongruenze nella certificazione delle ore di insegnamento da parte di alcuni professori, tutti docenti dello stesso dipartimento della facoltà di medicina, che si sarebbero accreditati più ore in cattedra di quelle svolte per poter soddisfare i criteri stabiliti dall’Ateneo (80 euro di insegnamento ’frontale’) e accedere quindi a scatti di carriera e ai relativi aumenti di stipendio.
Ma all’esito della comunicazione della conclusione dell’indagine, i prof indagati hanno depositato memorie difensive o hanno chiesto di essere interrogati.
E i chiarimenti forniti hanno convinto la procura, che ha invertito la rotta e ha chiesto l’archiviazione al gip delle posizioni dei professori associati Gabriella Nesi, Luca Voltolina, Daniela Massi, Pasquale Gallina, Stanislao Rizzo, Leonardo Politi, Domenico Andrea Campanacci, Gianni Virgili e Roberto Civinini.
Restano invece invariate, almeno fino all’udienza davanti al gup fissata per il 17 novembre prossimo davanti al gup Silvia Romeo, le imputazioni di falsità ideologica mosse ai ’’pubblici ufficiali’’ Marco Santucci e Massimo Innocenti, rispettivamente ex direttore e segretario del Dipartimento di Chirurgia e Medicina Traslazionale presso la facoltà di medicina; e di falso del privato in atto pubblico contestato al professor Carlo Paparozzi.
Per i pm, Santucci e Innocenti, difesi dagli avvocati Neri Cappugi e Sigfrido Fenyes, avrebbero attestato il falso nei verbali del consiglio del Dipartimento da loro firmati, dando per conformi alla programmazione didattica i registri che invece, secondo l’accusa, si presentavano incompleti o incongruenti con le autocertificazioni depositate.
Nel caso di Paparozzi, invece, il docente avrebbe dichiarato di aver effettuato 80 ore di lezione quando, secondo gli inquirenti, ne avrebbe fatte 44.
Questo filone dell’inchiesta nasce dalla sterminata inchiesta, ancora in corso, sui concorsi di Careggi, e in particolare si attivò dopo l’ascolto di una telefonata tra Santucci e Nesi. Nella conversazione si sarebbe cristallizzata una differenza tra rendiconto delle sue lezioni frontali e quanto certificato e una diffusa assenza dei registri cartacei. Una situazione che, sarebbe emerso ancora dalle telefonate, era comune a molti docenti e che il rettore Luigi Dei suggeriva di sanare con un’autocertificazione in attesa di istituire un registro informatico.
stefano brogioni