
Le riprese del film Netflix. Piazza San Firenze, anno 1985. In tribunale è psicosi mostro
di Stefano Brogioni
FIRENZE
Piazza San Firenze, quasi quarant’anni fa. Un Maggiolino nero, le 127, più di una Lancia Delta, una Citroen Squalo, diverse Vespe. Uomini e donne dal look di un’epoca che non c’è più sciamano intorno a quello che, negli anni ’80, era il vecchio tribunale.
Ciak, si gira: e da quella mattinata frenetica, ricreata davanti alla macchina da presa, si materializza un postino, che, con il borsone a tracolla e una missiva tra le mani, varca l’ingresso di quel palazzo barocco. Non si può interpretare il canovaccio che ha in testa il regista Stefano Sollima, ma attori e comparse che ieri hanno invaso il centro di Firenze per le riprese della serie sul mostro, che presto andrà in onda su Netflix, parevano intenti a ricreare un momento clou della storia del serial kliller che ha insanguinato le campagne intorno a Firenze: la lettera contenente un pezzo di pelle del seno asportato alla vittima Nadine Mauriot, mutilata dopo essere stata uccisa, recapitata al magistrato Silvia Della Monica, l’unica donna - prima dei giorni nostri - ad aver dato la caccia all’assassino. Anno 1985: da lì il mostro fermerà al sua calibro 22, ma continueranno indagini e misteri. Che in questi giorni, la troupe di Sollima stanno ripercorrendo.
La storia del mostro è anche la storia di una città e della sua provincia. Luoghi, oltre che avvenimenti e persone, Che non sono più come una volta. All’epoca del primo arresto - correva l’anno 1981 e in galera finì Enzo Spalletti, il guardone che sapeva dell’omicidio di Mosciano prima che ne parlasse il giornale e la televisione - la prigione di Firenze era ancora alle Murate.
A Sollicciano, invece, finirà il contadino Pietro Pacciani quando il 17 gennaio del 1993 ricevette l’ordinanza del giudice che gli contestava di essere l’autore di otto duplici omicidi. Tutto era cominciato nell’agosto del 1968: le vittime, due amanti, Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, andarono a vedere il film “Nuda per un pugno di eroi“ all’Arena Michelacci di Signa e poi si appartarono nella Giulietta di lui nel vicino cimitero di Castelletti, mentre Natalino, il figlio di Barbara, dormiva sul sedile posteriore.
Oggi, il cinema in piazza Cavour non c’è più, anche se resta l’insegna di quel tempo. Per ricostruire l’atmosfera di allora, il regista ha fatto momentaneamente togliere un distributore automatico di tabacchi.
Tornando al capoluogo, anche il vecchio tribunale ha dovuto abbandonare la sua attuale declinazione per tornare quello che era un tempo: oggi è la sede del Centro internazionale delle arti e dello spettacolo intitolato a Zeffirelli, ieri era la casa di giudici e magistrati. "Non sono io quello che cercate", gridava il Vampa salendo gli scalini di quella piazza oggi chiusa al traffico, allora anche parcheggio a due passi da Palazzo Vecchio: era stato appena arrestato e dovevano interrogarlo.
Ma San Firenze non sarà la sede dei processi del mostro. Quelli di primo grado, si celebreranno infatti tutti all’aula bunker di Santa Verdiana, un cubo di cemento blindatissimo che anche oggi che le funzioni della giustizia sono emigrate dal centro in direzione di Novoli, continua a ospitare udienze. Quelli di secondo grado, alla corte d’appello di via Cavour, oggi dismessaGli investigatori sono sempre dove allora: i carabinieri in Borgo Ognissanti e la questura in via Zara. E ancora oggi indagano per l’inchiesta infinita.