Firenze, 15 aprile 2021 - C'è anche il capo di gabinetto del presidente della Regione Toscana, Ledo Gori, tra gli indagati nell'inchiesta della Dda di Firenze su presunti reati ambientali, nella quale sono indagati anche imprenditori considerati contigui alle cosce di 'ndrangheta, e che oggi ha portato a sei arresti. A Gori viene contestato il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio.
Per la procura, Gori si sarebbe reso disponibile a soddisfare le richieste del gruppo criminale, composto tra l'altro dai vertici dell'Associazione conciatori di Santa Croce sull'Arno, in cambio dell'impegno da parte degli imprenditori di chiedere esplicitamente al candidato a presidente della Regione Eugenio Giani - estraneo alle indagini -, e poi allo stesso Giani come presidente eletto, di confermarlo nel suo incarico come capo di gabinetto. Nell'inchiesta Gori non è accusato del reato di associazione per delinquere. Sempre nell'inchiesta risulta indagato, tra gli altri, il consigliere del Pd Andrea Pieroni, accusato sempre di corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio. Indagato poi per abuso d'ufficio il direttore del settore ambiente e energia della Regione Toscana, Edo Bernini.
Gori è indagato per corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio per aver adottato "una incondizionata disponibilità a assecondare le richieste dei vertici del sodalizio criminoso in materia ambientale". E' quanto contesta il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze, Antonella Zatini, sulla base delle carte depositate dalla procura distrettuale antimafia.
Secondo il gip, Gori avrebbe agito "in contrasto con le norme di trasparenza, correttezza e imparzialità, sia per quanto riguarda le autorizzazioni e le eventuali perpetuazioni delle deroghe tabellari agli scarichi, sia per quanto riguarda gli espedienti suggeriti per beneficiare dì deroghe ed elusioni alla procedura di Autorizzazione integrata ambientale, sia per la erogazione di finanziamenti a fondo perduto in favore di Aquarno, sia per la individuazione dei dirigenti da nominare a capo degli enti di controllo di espresso gradimento dei conciatori, sia anche per i condizionamenti operati e da adottare sulla dirigenza Arpat in relazione alla riorganizzazione dell'ente e della succursale di San Romano". Gori avrebbe tenuto questo comportamento, scrive il gip, "in cambio dell'impegno a richiedere esplicitamente, da parte dei capi del sodalizio, al candidato presidente Eugenio Giani, prima, e poi una volta eletto, al medesimo Giani come nuovo presidente della regione, di rinnovare a Ledo Gori l'incarico di capo di gabinetto, con contratto dirigenziale per un importo annuo di compensi quantificabile in oltre 100 mila euro (di cui 93.000 di stipendio fisso e un importo variabile di circa 15-20 mila euro come indenntà di risultato)".