Sandro
Rogari
Il 24° rapporto di Almalaurea segna un punto a favore dei laureati dell’Università di Firenze. A un anno dalla laurea triennale, coloro che non proseguono gli studi con il biennio magistrale hanno un tasso di occupazione pari all’80%, superiore del 5,5% del livello medio nazionale. È un trend, questo, che conferma quello degli anni passati e che giustifica la soddisfazione espressa dalla rettrice Alessandra Petrucci. Va comunque tenuto presente che nella media nazionale pesano negativamente i dati che provengono dagli Atenei meridionali. Nel Mezzogiorno i tassi di disoccupazione dei giovani laureati sono elevatissimi a un anno dal conseguimento del titolo. Le distanze si accorciano dopo cinque anni dalla laurea, ma spesso perché i laureati si trasferiscono al nord per trovare lavoro. Se confrontiamo i dati relativi ai laureati di Firenze con quelli dei laureati di territori ove le opportunità di lavoro sono maggiori che in Toscana, vediamo che l’offerta del territorio finisce per essere il fattore che determina il successo del laureato. Ma sarebbe bene dedicare molta attenzione a un altro parametro che ha effetti rilevanti sull’occupazione del laureato e non è del tutto soddisfacente. È il dato che emerge alla voce “efficacia e soddisfazione” del lavoro svolto. Solo il 57,2% dei laureati triennali fiorentini dichiara che il titolo è molto efficace in relazione al lavoro svolto. Ed è ancor più preoccupante che questa percentuale salga solo al 60,4% per i laureati magistrali del ciclo biennale successivo al triennio. Al contrario i laureati del ciclo magistrale unico, per esemplificare i laureati in Giurisprudenza e in Medicina, registrano un’efficacia molto elevata del titolo di studio. Ciò significa che spesso le competenze fornite dalla laurea sono poco rilevanti ai fini dell’impiego. Su questo terreno l’Ateneo può intervenire con politiche di revisione degli ordinamenti didattici e di più stretto collegamento con le esigenze del mondo del lavoro. Ovviamente, il dato non riguarda tutte le lauree triennali e magistrali, ma solo alcune che, estratte dal mazzo, stanno ancora peggio quanto a efficacia.