di Stefano Brogioni
FIRENZE
L’ennesima truffa, un altro processo per Roberto Meocci, il “seriale“ dei raggiri che nella sua vita ha collezionato la bellezza di 21 anni di condanne per aver abbindolato il prossimo.
E il cumulo di pena potrebbe diventare ancora più rotondo visto che ieri, in tribunale a Firenze, davanti al collegio presieduto dal giudice è cominciato il dibattimento che vede il noto pregiudicato al centro di una presunta associazione per delinquere che, da Firenze a Milano, avrebbe mietuto diverse vittime.
In particolare Meocci, nato 58 anni fa a Sinalunga, residente a Arezzo (dove si è guadagnato l’appellativo di ’Madoff della Valdichiana’), stavolta è ritenuto il vertice e l’organizzatore dell’associazione, si sarebbe presentato come “Riccardo Menarini“, spacciandosi per membro della famiglia della nota casa farmaceutica fiorentina (che, dopo aver sporto denuncia nei confronti di Meocci si è costituita parte civile con l’avvocato Massimiliano Manzo) avrebbe proposto progetti e investimenti anche spendendo il nome della holding.
Per rendersi credibile, il re dei truffatori sfoggiava orologi extralusso, vestiti griffati, si muoveva con un autista e un codazzo di persone intorno - finite a processo assieme a lui - che gli “reggevano il gioco“ e lo facevano sembrare davvero una persona con agganci ed entrature.
Per questi fatti, Meocci (che oggi sta scontando nel carcere di Pisa le condanne diventate intanto definitive) è stato arrestato nel 2022. Una delle vittime è la titolare di una ditta specializzata nella vendita di prodotti per cani e cavalli (dall’abbigliamento agli accessori fino allo shampoo), che in totale ha versato 77mila euro su un conto intestato alla complice di Meocci.
Il primo incontro tra i due, è stato ricostruito dalle indagini della guardia di finanza, si svolge il 17 settembre 2020 all’hotel Bulgari di via Gabba, in pieno Quadrilatero: "Piacere, sono Riccardo Menarini", esordì lui, spacciandosi per titolare della nota casa farmaceutica. Poi va subito al punto e si dice interessato allo sviluppo di "progetti sulla cosmesi".
L’imputato aveva “apparecchiato“ bene l’ennesimo raggiro: al tavolo anche altri commensali, tra sparring partner di Meocci e future vittime di imbrogli orditi in parallelo. Il rapporto con l’imprenditrice si fece sempre più stretto: all’inizio del 2021, il finto Menarini fece sapere alla donna che un fantomatico amico scozzese, proprietario, a suo dire, di 147 farmacie tra Gran Bretagna, Dubai e Grecia, ha "gradito" i campioni di creme a tal punto da voler avviare un’importazione oltre Manica.
Tutto finto, ovviamente. Ma iniziano le prime richieste di soldi, sottoforma di bonifici per aprire una linea di credito da 900mila euro nel Regno Unito. A quel punto, l’imprenditrice decide di costituire una start-up, anche perché la questione si è fatta via via più interessante: il 5 febbraio, infatti, è entrato in scena (solo al telefono) anche sir George Stephan Jim Radcliffe, che pretende l’esclusiva in patria per quei prodotti e vuole "creare una linea di altissimo profilo dedicata alla famiglia reale", di cui sarebbe il "fornitore ufficiale".
In questo processo ci sono anche altre due vittime: un acquirente di una partita da 37mila euro di orologi preziosi, e un imprenditore convinto a investire nel mercato petrolifero.