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L’esilio di Dante, il processo al processo

Settecento anni dopo, un gruppo di studiosi revisione la sentenza che trasformò il Sommo Poeta nel ’Ghibellin fuggiasco’

FIRENZE

Furono sentenze "politiche" quelle che nel 1302 condannarono all’esilio Dante Alighieri?

A 700 anni dalla morte del Sommo Poeta si apre un’indagine giuridica per accertare se ci fu un eventuale uso strumentale della giustizia con l’obiettivo di eliminare un avversario politico, che in seguito alla condanna divenne “il ghibellin fuggiasco”.

La “revisione del processo” all’autore della ‘Divina Commedia’ nasce da un’idea dell’avvocato Alessandro Traversi, penalista principe del Foro di Firenze, che si è fatto promotore di un convegno di studi giuridici che si terrà domani all’Educandato della Santissima Annunziata al Poggio Imperiale a Firenze. Presenze in sala limitati causa restrizioni covid, ma è possibile seguire il convegno via internet.

Interverranno con specifiche relazioni gli avvocati Gianmpiero Cassi, Cosimo Papini, Gianluca Gambogi, l’ex presidente della Corte d’Appello di Firenze, oggi presidente aggiunto della Corte di Cassazione Margherita Cassano, gli storici Giovanni Cipriani, Federigo Bambi, Claudio Di Fonzo, il presidente onorario dell’Accademia della Crusca, Francesco Sabatini. Sarà presente anche un discentente di Dante, Sperello di Serego Alighieri, e Antoine de Gabrielli, discendente di Cante de’ Gabrielli da Gubbio, il podestà che pronunziò l’esilio di Dante.

La relazione principale sarà tenuta dallo stesso Traversi, professore di diritto processuale penale alla Scuola di specializzazione per le professioni legali dell’Università di Firenze, che presenterà una serie di elementi per valutare la possibilità di una “revisione” delle sentenze di condanna di Dante.

A partire dalla genericità delle gravi accuse mosse a Dante dal podestà, che andavano dalla ‘baratteria’ (antesignana del reato di corruzione) alle influenze illecite per favorire i guelfi bianchi in danno dei guelfi neri che a quel tempo governavano Firenze.

"Aleggia il sospetto che queste imputazioni nei confronti di Dante fossero strumentali, usate per eliminarlo dalla vita pubblica", osserva Traversi. "Dopo 700 anni si tratta di capire se quelle sentenze fossero legittime, se il processo fu fatto secondo le regole".

Le sentenze di condanna di Dante, contenute nel Libro del Chiodo conservato nell’Archivio di Stato di Firenze, non sono mai state revocate né annullate.

Il programma. I lavori si apriranno con il buongiorno del sindaco, Dario Nardella.

La prima parte del convegno, vedrà gli interventi, oltre che di Traversi, dell’ex procuratore generale aggiunto in Cassazione Francesco Mauro Iacoviello, del professor Giovanni Cipriani, del giornalista Antonio Lovascio, direttore ufficio per le comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi. Nel pomeriggio, gli avvocati Paola Pasquinuzzi e Elisabetta Sarti coordineramno gli interventi del professor Francesco Sabatini, presidente onorario della Crusca, del professor Federigo Bambi (docente di storia del diritto medievale), della professoressa Claudia Di Fonzo (docente di diritto e letteratura) e del professor Vincenzo Vespri (docente di analisi matematica).

Il convegno è patrocinato dal Comune di Firenze e dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati ed è organizzato da Aiga, Centro Fiorentino Studi Giuridici e dal Comitato Dante 700.

ste.bro.