Mauro Avellini
Cronaca

La "resistenza" sulle Poste

Il vicedirettore de La Nazione risponde ai lettori

Il vicedirettore de La Nazione, Mauro Avellini

Firenze, 21 settembre 2015 - Caro Direttore, mi sembra una follia chiudere gli uffici postali dei piccoli paesi. Capisco che i costi sono alti, ma forse le Poste, controllate dal ministero dell’Economia, potrebbero venire incontro a tanti cittadini preoccupati di perdere altri servizi. Non c’è via d’uscita? Si deve subire sempre tutto senza reagire?

Massimo V., via mail

a razionalizzazione è una brutta parola che di solito significa tagli e sacrifici. A volte è una necessità, per società pubbliche o private. Un po’ meno per quelle che fatturano 30 miliardi di euro e hanno utili che superano il miliardo. E’ il caso di Poste italiane, una spa con capitale "ministeriale", a cui non è certo precluso un percorso virtuoso di sobrietà e risparmi, anche se la sua «mission», intesa come valori d’impresa, dovrebbe consigliare un’attenzione diversa alle problematiche del territorio e delle persone. A complicare la questione, non tutti i tribunali amministrativi regionali hanno letto in modo univoco il tema delle chiusure e gli uffici postali sono ancora «sospesi» tra ricorsi e contro ricorsi. In definitiva la via giudiziaria non sembra la migliore per risolvere i contenziosi, mentre la politica potrebbe ancora mediare con Poste limando magari sugli orari, tenendo in considerazione il ruolo sociale delle sedi, la loro ubicazione, la funzionalità dei trasporti per raggiungerle e il numero di anziani residenti.