Firenze, 10 luglio 2014 - EGREGIO DIRETTORE, l’escalation delle violenze in Medioriente mi fa pensare che stiamo per ripiombare in una guerra che non finirà mai. Se Israele dovesse scatenare l’offensiva di terra, temo che saremo di fronte a una situazione esplosiva che nemmeno nei periodi terribili dell’Intifada è stata vissuta. Quella povera gente non ne uscirà mai. Sirio Pancani, Bibbiena
RISPONDE IL DIRETTORE MARCELLO MANCINI
Il MEDIORIENTE è vicino al punto di non ritorno. Finché Isreale mostra i muscoli ma non li usa, c’è ancora uno spiraglio di speranza che le ritorsioni siano circoscritte. Se prevale la volontà di trovare una difficile tregua, è possibile che la guerra sia evitabile. Di sicuro quello che è successo nelle ultime settimane, vanifica anni di sforzi per la pace. Netanyahu e Abu Mazen, in cuor loro, probabilmente cercano una strada intermedia per non essere accusati di debolezza da una parte, ma anche per non calcare troppo la mano dall’altra. Consapevoli che l’israeliano medio e il palestinese medio non vivono per la guerra, come ci fanno credere i mezzi di comunicazione internazionali. Il precario equilibrio è ostaggio del fanatismo e dei gruppi estremisti, che non accettano alcun dialogo e boicottano i tentativi di pace, alzando la tensione quando l’accordo sembra vicino. Per questo la comunità internazionale non deve abbandonare quelle popolazioni al loro destino. Che sarebbe inevitabilmente un destino di morte.