L’inchiesta sulle stragi del ’93. Mori, il confronto con i pm. Ma l’interrogatorio è segreto

Veto sul contenuto del confronto fra l’ex comandante del Ros e i magistrati della Dda di Firenze. E spunta una nuova accusa: l’aver distrutto un biglietto della mafia contenente il piano degli attentati.

L’inchiesta sulle stragi del ’93. Mori, il confronto con i pm. Ma l’interrogatorio è segreto

L’inchiesta sulle stragi del ’93. Mori, il confronto con i pm. Ma l’interrogatorio è segreto

di Stefano Brogioni

FIRENZE

Top secret. Il confronto fra i magistrati della Dda di Firenze e il generale dei carabinieri Mario Mori è andato in scena ieri pomeriggio. Ma il contenuto dell’interrogatorio è stato secretato. Trapela che si sia avvalso della facoltà di non rispondere alle domande; tuttavia ha la facoltà di rendere dichiarazioni spontanee.

Mori, 85 anni compiuti il mese scorso (l’avviso a comparire gli è arrivato nel giorno del suo compleanno), indagato per "non aver impedito le stragi del 1993", si è infatti presentato in procura, nel primo pomeriggio.

Accompagnato dal suo legale, Basilio Milio, ha trovato davanti a sé i tre magistrati titolari dell’inchiesta sui mandanti esterni a Cosa nostra che avrebbero beneficiato degli effetti degli attentati, Luca Tescaroli, Luca Turco e Lorenzo Gestri, più il capo dell’ufficio, Filippo Spiezia.

L’ex capo del Ros e del Sisde, già processato e assolto per la “trattativa“, "pur avendone l’obbligo giuridico - sostiene l’accusa -, non avrebbe impedito mediante doverose segnalazioni e denunce all’autorità giudiziaria, ovvero con l’adozione di autonome iniziative investigative e preventive, gli eventi stragisti di cui aveva avuto anticipazioni", ovvero gli attentati mafiosi a Firenze, Roma e Milano, nonchè il fallito attentato allo stadio Olimpico della Capitale del gennaio 1994.

Un colpevole silenzio avrebbe contraddistinto l’operato di Mori, secondo l’ipotesi della Dda.

Nell’agosto del 1992 - dunque nove mesi prima del primo attentato, quello al giornalista Maurizio Costanzo, a Roma - Mori sarebbe venuto a sapere dal maresciallo Roberto Tempesta il "piano bombe" di Cosa nostra.

Tempesta sarebbe stato a sua volta informato da Paolo Bellini dei propositi della mafia di attentare al patrimonio storico, artistico e monumentale del Paese: la ’fonte’ parlava di un attacco alla torre di Pisa.

Mori avrebbe taciuto all’autorità giudiziaria anche ciò che avrebbe appreso dal collaboratore Angelo Siino, il quale gli riferì, durante un colloquio investigativo datato 25giugno 1993, che Antonino Gioè, Gaetano Sangiorgi e Massimo Berruti gli avevano detto di attentati al Nord.

L’ex capo del Ros, secondo quanto sarebbe emerso dai recenti interrogatori, avrebbe avuto in mano anche un biglietto, proveniente dai boss, con l’intera programmazione delle bombe da far esplodere per attaccare lo Stato.

E anche in quel caso, ipotizzano ancora i magistrati della Dda, sarebbe venuta meno la segnalazione.

Anzi, il biglietto sarebbe stato addirittura distrutto.

Fatti a cui Mori potrebbe aver dato una spiegazione ieri. Oppure no: la decisione della procura di porre il segreto sul contenuto dell’incontro rimanda la conoscenza di questa risposta.