BARBARA BERTI
Cronaca

L’irriverente Arianna a Fiesole. Omeophonie, ridere per riflettere: "Racconto le brutte persone"

L’ autrice di testi satirici sul palco del Teatro Romano insieme ai musicisti Renato Cantini e Michele Staino. Porcelli Safonov: "Oggi la denuncia sociale si fa sui social: basta un post per ritenersi un attivista".

La storyteller Arianna Porcelli Safonov

La storyteller Arianna Porcelli Safonov

"La satira? È quasi estinta, sia perché gli attori sono ‘invitati’ a non praticarla, sia perché il pubblico non la comprende più, quasi si sente offeso. E questo è l’aspetto più preoccupante". Parola di Arianna Porcelli Safonov, romana con padre italo-russo, laureata in Lettere e Filosofia con indirizzo storia del costume, organizzatrice di eventi internazionali fino al 2010, quando ha deciso di lasciare la sua professione per dedicarsi alla scrittura satirica, a partire dal blog di racconti umoristici, ’Madame Pipì’. In questa calda estate, la storyteller è in giro per l’Italia con diversi progetti di satira e critica umoristica e per la tappa al Teatro Romano di Fiesole (sabato 31 agosto alle 21) ha scelto ’Omeophonie’, otto favole desiderose di curare dalla decadenza contemporanea, otto sfoghi quotidiani scritti e interpretati da lei e impreziositi dalle musiche dal vivo di Renato Cantini e Michele Staino.

Le sue favole irriverenti e ironiche di cosa parlano?

"Di noi, delle nevrosi e delle nostre paure, delle bugie che ci raccontiamo per sentirci meglio, e di tutto ciò che usiamo per distrarci: la moda, l’arte, la mindfulness, la cucina, il mito della campagna come rifugio bucolico. Si ride, ma a denti stretti. Si riflette, a volte fin troppo".

Fiabe con morale?

"Sì, la morale torna a insegnare facendo ridere e così si dimostra curativa. ’Omeophonie’ è un piccolo scrigno consegnato a chi ascolta, un forziere musicale denso di voci e di pulsioni febbricitanti, di cinismi e morali profonde che oggi suonano come ingiurie alla modernità ma che un tempo, alla fine delle fiabe insegnavano qualcosa di grande ed imperituro".

Un’anticipazione di una favola?

"Racconto la crisi esistenziale della bionda signora borghese che si trova in ogni quartiere ‘bene’, con i suoi figli biondi che ha il pilates in cima all’agenda. Parlo del maschio maltrattato, e non maltrattante, perché è una figura che esiste più di quanto si creda: questo ragazzo viene depredato da tutti gli averi e della dignità dalla fidanzata. E poi c’è l’animatore settantenne che tratta male i bambini, li fa divertire ma il suo vero intento è la ‘riformazione infantile’. Insomma, ho otto protagonisti che sono ‘brutte persone’".

È difficile fare satira oggi?

"Più che difficile è diventata merce rara. In Italia un artista che fa satira? Forse Crozza, poi non me ne vengono in mente altri. La denuncia sociale, compito della satira, adesso viene fatta sui social: basta un post per dirsi attivisti. La satira è declassata e più che un pubblico c’è una tifoseria che ti sceglie perché d’accordo con te su qualcosa, non perché semplicemente ti trova divertente. Si è perso quello spirito ironico: lo vedo anche nei miei spettacoli quando il pubblico ci mette quei tre secondo per capire la battuta, resta un attimo a bocca aperta, spiazzato e poi arriva la risata".