COSIMO CECCUTI
Cronaca

L’Italia è unita da 164 anni

Centosessantaquattro anni fa, il 17 marzo 1861, si realizzava lo Stato nazionale, con Vittorio Emanuele II "Re d’Italia, per grazia...

Centosessantaquattro anni fa, il 17 marzo 1861, si realizzava lo Stato nazionale, con Vittorio Emanuele II "Re d’Italia, per grazia di Dio e per volontà della nazione". A Firenze e in Toscana non mancò la comprensibile irritazione di Bettino Ricasoli, di Ubaldino Peruzzi e degli altri patrioti. Perché Vittorio Emanuele era "secondo" e non "primo"? Il motivo era evidente: il re intendeva continuare la dinastia di casa Savoia al resto della penisola. Non avrebbe dovuto essere così. La Toscana, e così i vari Stati, col Plebiscito avevano votato l’unione, non l’annessione al Regno di Sardegna: quindi da due e più Stati ne nasceva uno nuovo, con pari dignità di tutti, e non l’occupazione da parte di uno di essi. Pertanto Vittorio Emanuele avrebbe dovuto cessare di essere II del Regno di Sardegna per diventare I del Regno d’Italia. Non era solo questione di numerazione. Il re e i piemontesi considerarono il nuovo Regno una pura espansione del vecchio, imponendo ovunque le loro leggi e provocando la reazione del Mezzogiorno con la "guerra del brigantaggio", la rivolta della popolazione protrattasi per quattro anni. Così diffusa e violenta da richiedere l’impiego di duecentomila militari del Regio esercito per essere domata. È la cosiddetta "piemontesizzazione" del Paese, questione avviata a soluzione col trasferimento della capitale a Firenze, nel 1865, e il concreto avvio del processo di unificazione, partito dalle rive dell’Arno, dalla lingua comune e dalla cultura. Quanto alla formula "per grazia di Dio" e per "volontà della nazione" era il laborioso compromesso realizzato dal genio di Camillo Benso di Cavour: unendo le pretese del sovrano al riconoscimento del valore dei plebisciti e del voto popolare. Il 17 marzo 1861 la nostra penisola, già frammentata in otto Stati diversi, divenne una realtà unitaria; tuttavia dietro il raggiungimento del sogno tanto atteso vi erano tutte le contraddizioni di uno Stato con una serie infinita di squilibri e di problemi da risolvere. Centosessantaquattro anni dopo sono ancora numerosi quelli irrisolti. La nota frase di Massimo d’Azeglio "fatta l’Italia bisogna fare gli italiani" non ha perduto del tutto la sua attualità.