Cronaca

Los Blancos Venti anni al boss Maxi condanne ai narcos albanesi

Si è chiusa la prima parte della maxi inchiesta sul traffico internazionale di droga tra l’Ecuador e Firenze. Ma per il tribunale è caduta l’accusa della "super associazione" fra tre cartelli: le motivazioni della sentenza

FIRENZE

I cartelli albanesi importavano cocaina in Italia, e in particolare a Firenze, grazie a una rete internazionale addentellata tra l’Ecuador e l’Europa. Ma l’ipotesi accusatoria di una "super associazione per delinquere", nata da un patto tra clan, non ha retto davanti al gup Silvia Romeo: condanne sì ai narcos, ma non per l’ipotesi della "federazione" di gruppi criminali che si sarebbe tradotta in una non belligeranza sui mercati.

Secondo il giudice, non sono emersi "interventi comuni stabili e programmati" o "concrete occasioni di condivisione di mezzi, di informazioni, di fini e di interessi": "dall’analisi dell’ampio compendio praboatorio, non è emersa alcuna occasione in cui le risorse e le capacità dei singoli gruppi siano state ’comunitarizzate’ al fine di fondare una autonoma struttura organizzativa e instaurare un superiore e stabile vincolo, da cui trarre tutti congiunto profitto". Ma la vittoria su questo punto degli avvocati difensori (Cristina Masetti, Sabrina Del Fio, Costanza Malerba, Federico Febbo, Emanuele Ciappi, Maurizio Nasti, alcuni loro), non significa che non ci siano state condanne per i primi 17 (su oltre ottanta imputati) che hanno scelto il rito abbreviato. Il giudice Romeo ha inflitto pene tra i due anni e dieci mesi e i venti anni: la pena più pesante al boss Dritan Rexhepi, oggi detenuto nel tumultuoso carcere di Guayaquil, Ecuador.

Ed è proprio da questo stato del Centro America che, secondo le indagini della Dda, condotte dal pm Giulio Monferini (nella foto), sarebbero partiti quintali di cocaina segnate con il marchio "Bello", identificativo dell’inchiesta "Los Blancos".

Le indagini, cominciate nel 2015, che hanno portato al sequestro di 5 milioni e mezzo di euro e di 4 tonnellate di coca, si erano inizialmente concentrate su una cellula fiorentina la cui esistenza era stata scoperta approfondendo un episodio apparentemente poco significativo relativo ad una violenta rissa tra soggetti legati allo sfruttamento della prostituzione scoppiata in via delle Medaglie d’Oro, a Rifredi.

Monitorando gli affari dei coinvolti in questa rissa, gli inquirenti si resero conto che il loro business non era soltanto lo sfruttamento delle lucciole: dopo il sequestro di un telefono cellulare Blackberry ’criptato’ (ogni chat era accessibile con un codice), la squadra mobile è arrivata ai traffici internazionali di "Los Blancos".

stefano brogioni