di Manuela Plastina
Da anni ha fatto la sua scelta di vita e desiderava solo renderla perenne, dedicandosi alla sua fede religiosa, vissuta in maniera laica, ma totalizzante. Un momento di vita che ha segnato la chiusura di un cerchio. Un passaggio che segna un prima e un dopo, giunti ora al capitolo finale della sua storia.
Ora che finalmente è arrivato il momento tanto atteso, Rita (la chiameremo così per tutelare la sua privacy) si trova ricoverata in un hospice nella struttura delle cure palliative della Asl Toscana centro, alle Oblate.
Ma ha voluto comunque con tutta se stessa realizzare il suo desiderio più grande: consacrarsi coi voti perpetui come Laica Missionaria della Carità.
Nel passato la sua scelta di fede era stata rinnovata di anno in anno con la professione dei voti, ma "a termine".
Adesso è arrivata la possibilità di scegliere per sempre, con professione solenne, i voti di castità, povertà, obbedienza e servizio gratuito secondo lo statuto e il modo di vita dei Laici Missionari della Carità.
Rita non ha voluto rinunciare per niente al mondo a questo momento così importante per la sua esistenza, anche se normalmente la professione solenne – lo sa bene - dovrebbe avvenire in un ambiente religioso.
Poco importa, le circostanze non lo permettavano date le condizioni di salute sempre più precarie.
Ma ci ha voluto provare lo stesso e, insieme ai suoi familiari, ha chiesto alla direzione e agli operatori della struttura di cure palliative di fare un’eccezione e poterla celebrare nel suo luogo di ricovero.
Il personale dell’hospice non si è fatto pregare più di tanto e immediatamente si è messo all’opera per poter accogliere una richiesta così importante e realizzare il desiderio della paziente nel modo più adatto e rispettoso dell’evento.
Particolare assolutamente calzante, significativo, quasi come segno del destino il fatto che l’hospice si trovi proprio laddove un tempo c’era l’ormai ex convento delle suore Oblate, ordine fondato dalla nobile lucchese Elena Guerra dedicando la propria vita ai poveri e ai malati. E la figura di Monna Tessa resta tra le più antiche delle icone della medicina a Firenze. Non è certa la sua data di nascita che si fa risalire intorno al 1250 ed è molto nota ai fiorentini per essere stata la prima infermiera professionale, fondatrice delle Oblate e ispiratrice della nascita dell’Ospedale di Santa Maria Nuova, dove ancora oggi un grande bassorilievo la raffigura.
Per molti fiorentini ormai di una certa età, le Oblate sono ancora le suore infermiere che si prendevano cura dei pazienti a Santa Maria Nuova e a Careggi. E sempre lo saranno.
Ora il loro ex convento, diventato qualche anno fa centro di cure palliative, è tornato per qualche ora alla sua antica funzione: nelle stanze della degenza è stato ricreato uno spazio di preghiera e comunione.
La cerimonia solenne, realizzata a poche ore dalla festa di tutti i Santi, ha unito pazienti, personale e famiglie in un momento di grande commozione.
"Ha rappresentato per tutti noi – commenta Paola Poggiali, infermiera coordinatrice dell’hospice delle Oblate – un momento di speranza, fede e dedizione. Resterà scolpito nella memoria di tutti coloro che vi hanno partecipato".
Attraverso questo evento, "ognuno di noi ha avuto una prospettiva nuova sulla cura, intesa non solo come assistenza sanitaria, ma anche come gesto di amore che supera i confini del dolore".
L’hospice Oblate, sottolinea l’infermiera, non è solo un luogo di cura, ma è diventato anche "un punto di riferimento per lo spirito, un segno di come la fede e il servizio possano fondersi per portare conforto e sollievo anche nelle circostanze più difficili".
La famiglia di Rita ha apprezzato lo sforzo di tutto il personale per realizzare il desiderio della loro parente e ha indirizzato una commovente lettera di ringraziamento a "voi che siete vicini alla sofferenza delle persone e dei loro familiari, con una partecipazione attiva che è compassione nella vostra preziosa professionalità. Così operando, rendete la vostra professionalità più ricca e piena, raggiungendo i primi posti di coloro che possono essere “santi“ già in vita".