L’ultimo graffio di dolore sulla pelle della città è arrivato quando il cielo era già nero pece e nel cantiere di via Mariti i cumuli di cemento erano illuminati dalle fotoelettriche. Erano da poco passate le 20 quando il corpo dell’ultimo operaio disperso è stato individuato nelle macerie che venerdì mattina alle 8 e 52 hanno seminato morte e agonia. Firenze chiude con il groppo in gola una delle pagine più tristi della sua storia con il pianto per cinque uomini morti mentre cercavano di racimolare quei pochi soldi per mettere a tavola i loro figli.
Il corpo senza vita dell’uomo, che potrebbe essere (ancora le identificazioni sono in corso) quello dell’operaio edile Bouzekri Rachimi, 56enne marocchino, residente a Palazzolo sull’Oglio, in provincia di Brescia è stato individuato dai vigili del fuoco. "Confermo che è stato trovato il corpo dell’ultima vittima, sono in atto le operazioni di recupero che non saranno brevi. Ha parecchio materiale addosso e parti pericolanti": ha detto la comandante provinciale dei vigili del fuoco Marisa Cesario. Le ricerche dell’uomo, iniziate subito dopo il crollo, sono state costellate di operazioni lunghe e delicate.
Si sono concentrate fin da subito nella zona dove, secondo le prime ricostruzioni, l’operaio sarebbe stato sepolto dalle macerie del crollo della trave che ha innescato quello dei solai dello scheletro del cantiere. Non è stato facile perché il volume dei detriti era enorme e concentrato in poche decine di metri quadri. Ogni movimento quindi è stato effettuato con la massima cautela, con tutte le prudenze del caso. I vigili del fuoco si sono mossi per non correre rischi e anche per non spegnere l’ultima fiammella di speranza che fino al drammatico ritrovamento di ieri sera qualcuno si ostinava voler tenere accesa. "Era a distanza più o meno di quattro metri dal perimetro di sinistra, più verso la parte centrale del cantiere, dopo che avevamo lavorato dalla parte del corridoio dove erano stati individuati gli altri corpi, un po’ più in profondità": continua la comandante.
Per quattro giorni gru ed escavatori hanno riempito il triste skyline di via Mariti con i pompieri imbracati e calati con un cestello nell’abisso delle fondamenta della struttura crollata, i cani molecolari in azione, i droni termici e i martelli pneumatici a costellare la scena. La sfilata di macchinari e personale impiegato ha fatto capire fin da subito che tirar fuori i corpi delle vittime da quel groviglio di ferro e cemento solidificato non sarebbe stato facile. Non lo è stato e non lo sarà: "Per arrivare a estrarre i resti, dovrà essere messo in sicurezza lo scenario, che è molto complesso e a riscchio di ulteriori crolli ancorando le parti pericolose, e allo scavo e alle demolizioni delle parti da togliere".