
La presentazione dell’associazione creata dalla madre per Maati con l’obiettivo di coinvolgere i giovanissimi e combattere la violenza
Firenze, 20 aprile 2025 – Le lacrime che si trasformano in parole. E le parole che poi diventano lettere, messaggi di pace. Sono decine e decine: tutte insieme formano una parete di pensieri dedicati a un ragazzo di 17 anni ucciso a coltellate in mezzo alla strada da un gruppo di coetanei, perché scambiato per un altro. Dal dolore per la tragica morte di Maati Moubakir, ammazzato a Campi all’alba del 29 dicembre scorso, possono nascere parole che accarezzano il cuore e allo stesso tempo fanno aggrovigliare lo stomaco. Un messaggio lanciato dai giovani e rivolto a tutti i ragazzi di oggi.
L’esempio arriva dagli studenti del Russell-Newton di Scandicci che mercoledì scorso, durante una due giorni di attività autogestita, hanno invitato in auditorium la mamma di Maati, Silvia Baragatti, per un incontro intitolato ’Sicurezza e giovani: testimonianza di una madre’. Una mamma coraggio che non si è tirata indietro e agli studenti ha parlato con il cuore aperto, anche se distrutto. “Mi costa sacrificio raccontare quello che è successo, incontrare i ragazzi non è una passeggiata di piacere – confida la mamma di Maati –. Ma se in quell’auditorium ci fosse stato anche un solo ragazzo con disagio che siamo riusciti a salvare, allora abbiamo già vinto”. Silvia l’ha presa come una missione: “Ogni giorno apro il giornale e leggo di giovani che si accoltellano, da Torino a Palermo. Mi rendo conto che il problema è enorme, ma restare immobili non serve a niente”. Così è nata l’idea di parlare ai giovani, provare a innescare un cambiamento, in modo che la morte del suo Maati possa insegnare qualcosa. “Mio figlio – riprende –, non deve essere dimenticato e il mio impegno nasce dalla voglia di farlo vivere in ognuno di noi per non continuare a sbagliare”.
L’altro giorno, quando ha incontrato i ragazzi del Russell-Newton, ha avuto una risposta che non si aspettava: “Ho visto le loro guance rigate dalle lacrime. Hanno fatto domande, erano coinvolti nel profondo. Qualcuno alla fine mi è venuto ad abbracciare, mi ha detto di aver conosciuto Maati proprio la sera in cui è morto. Non mi aspettavo questa attenzione, forse davvero si possono cambiare le cose”. L’auditorium era pieno e alla fine la Cooperativa Sociale Macramè di Campi ha consegnato agli studenti un foglio con sopra un Qrcode. I ragazzi potevano inquadrarlo tramite lo smartphone e aprire una pagina bianca da riempire con un pensiero in anonimato.
Alla fine, una volta stampati su carta, non è bastato un pannello per contenerli tutti. “Sto a Campi, vicino al luogo dell’accaduto, molte volte mi sono domandata come sarebbe andata se fossi passata lì quella sera in quel momento, magari avrei potuto salvarlo”, si chiede una studentessa. Messaggi che danno forza alla famiglia e soprattutto alla sorella sedicenne di Maati: “Anche io sono una sorella – scrive una studentessa – la tua forza e la tua voglia di combattere questo dolore è un qualcosa di indescrivibile”. E poi ancora: “Mi dispiace, ma questa generazione ha fallito. Siamo tornati al punto di partenza, dove ognuno pensa per sé e ci sentiamo in diritto di fare qualunque cosa. Un abbraccio grande alla mamma, che ci ha fatto riflettere su queste vicende e alla sorella. Siete forti”.