
Francesco Nannucci
Firenze, 3 febbraio 2020 - Francesco Nannucci è dal 1°agosto scorso il Capo centro delle Direzione Investigativa Antimafia di Firenze che da poco ha reso nota la relazione sul 1° semestre 2019. Quale situazione ha trovato? "Molte indagini nei territori di mafia hanno sviluppi e proiezioni a Firenze e nel resto della regione. Come ha ben sottolineato il procuratore Creazzo, la Toscana non è terra di mafia in senso stretto, ma ‘di conquista’. Si riversano soldi in attività lecite della economia, specie nel turismo e nella ristorazione".
Molti locali aprono, chiudono, si notano passaggi di gestione singolari. Il caso del bar pasticceria Curtatone è emblematico. "I passaggi di proprietà in quanto tali possono dire anche poco, bisogna vedere se ci sono operazioni economiche strane. Segnalazioni di operazioni sospette giungono da Bankitalia. E bisogna dire che il numero è elevato, al Sud sono poche, qui e in regione ce ne sono moltissime, quasi come in Lombardia. Girano capitali: proventi di attività illecite o destinati ad acquisti e vendite nel campo della ristorazione".
La gente segnala? "Vorrei far capire che se ci arrivano segnalazioni per noi sono poi spunto di approfondimenti".
Gli appalti sono un altro capitolo delicato. "Il prefetto Lega ha dato impulso al confronto-monitoraggio e controllo degli appalti pubblici. Molte aziende cercano di entrare in ‘white list’, ma non basta. A cascata bisogna controllare la filiera dei subappalti, sviluppiamo informative cautelari, preventive contro possibili infiltrazioni delle mafie. Indichiamo magari l’affitto di macchinari da ditte che hanno ricevuto l’interdizione, il provvedimento con cui si esclude un imprenditore da un rapporto fiduciario con le Istituzioni pubbliche"
In questi casi che si fa? "In questi casi – anche se ha mezzi economici importanti non può essere titolare di contratti con le P.A. perché non ritenuto affidabile. C’è la possibilità di fare più controlli nel settore costruzioni, bar, per gare appalto delle mense scolastiche. Decisivo è arrivare – se ci sono le condizioni – alle misure patrimoniali, al sequestro di beni immobili".
E’ possibile esemplificare, citare casi che ci riguardano da vicino? "Qui alla Dia un nostro pool lavora sui documenti, ma ha anche accesso ai cantieri attraverso i decreti prefettizi. Sulla FI-Pi-Li siamo stati due volte. Stiamo attenti ai fenomeni silenti. Una piccola magagna può mascherare grandi magagne. Un altro esempio: con il prefetto di Pisa è stato fatto un lavoro molto importante per l’appalto da 450 milioni per il nuovo ospedale. Vorrei sottolineare che i nostri controlli non sono finalizzati a bloccare per bloccare, ma per favorire la fetta di imprenditoria sana".
Controlli sui redditi, specie su certi redditi? "Sì, soprattutto quando si nota una sperequazione tra il titolare dell’attività e la sua redditività. Non sono infrequenti, anzi, i casi di chi si difende accampando ‘semplici’ evasioni fiscali, però ora molte sentenze di Cassazione dicono che la giustificazione dell’evasione non regge più e che dietro c’è altro".
Le altre mafie? Si parla di mafia cinese, di mafia nigeriana. "La mafia cinese c’è, e direi che è l’unica. La criminalità attribuita ai nigeriani non può essere considerata tale, anche se forse è perché non ci sono veri pentiti collaboratori. E certi sistemi tipo riti wodoo per tenere legate le vittime, preoccupano.