
Il maestro Zubin Mehta dirige il concerto sinfonico di domani sera
"Messe da morto ve ne sono tante, tante e tante! È inutile aggiungerne una di più". Così Giuseppe Verdi rispondeva nel 1871 a chi lo incoraggiava a riprendere e sviluppare un progetto, quello di un requiem in memoria di Rossini, cui il compositore aveva contribuito ma che non vide mai la luce. L’occasione tuttavia si presentò poco tempo dopo, in occasione della morte di Alessandro Manzoni. "Non mi si devono ringraziamenti, né da Lei – scrive Verdi al sindaco di Milano nel giugno del 1873 – né dalla Giunta, per l’offerta di scrivere una messa per l’Anniversario di Manzoni. È un impulso, o dirò meglio, un bisogno del cuore che mi spinge ad onorare, per quanto posso, questo Grande che ho tanto stimato come Scrittore, e venerato come Uomo, modello di virtù e patriottismo". La partitura fu eseguita in occasione del primo anniversario della morte di Manzoni, il 22 maggio 1874, nella Chiesa di San Marco a Milano.
L’imponente affresco sonoro della Messa da Requiem per soli, coro e orchestra torna a risuonare nella Sala Grande del Teatro del Maggio, nel primo appuntamento sinfonico dell’87esimo Festival. Domani (ore 20) Zubin Mehta torna sul podio alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio, per eseguire, nella sera del venerdì santo, uno dei suoi cavalli di battaglia di cui è fra i più autorevoli interpreti. Accanto a lui, quattro prestigiosi solisti: il soprano Roberta Mantegna, il mezzosoprano Agnieszka Rechlis, il tenore SeokJong Baek, e il basso Michele Pertusi. Mehta si dedicherà di nuovo a Verdi con Aida, in cartellone dal 19 giugno con la regia di Damiano Michieletto, e spetterà a lui anche il compito di chiudere la sezione sinfonica del Festival il 21 giugno: in programma musiche di Hindemith, Beethoven e Richard Strauss.
La visione e la percezione della morte che Verdi esprime nella Messa da Requiem si collocano agli antipodi rispetto alla concezione manzoniana. Basti pensare all’attacco violento, tragico e ineluttabile del Dies Irae, in cui convivono stile arcaico, con il canto a cappella e gli episodi in contrappunto severo, e stile drammatico di matrice teatrale, evidente nelle parti solistiche della Sequentia. Nel suo Requiem Verdi non si abbandona mai all’idea consolatoria della provvidenza ma continua a interrogarsi sulle ragioni del dolore e sul fine ultimo dell’esistenza. Per lui la sola certezza è quella della morte terrena sottolineata dallo sgomento e dal timore dell’ultima invocazione affidata al soprano; una supplica che rimane però senza alcuna risposta. Il concerto sarà trasmesso in differita su Rai Radio 3.
Chiara Caselli