CHIARA CASELLI
Cronaca

Maggio, Pace solista al pianoforte: "Il biglietto da visita di Beethoven"

Oggi e domani il maestro Daniele Gatti torna sul podio per dirigere il Concerto n. 2 per piano e orchestra

Maggio, Pace solista al pianoforte: "Il biglietto da visita di Beethoven"

Maggio, Pace solista al pianoforte: "Il biglietto da visita di Beethoven"

L’incanto della classicità e l’inquietudine della guerra si contrappongono nel secondo appuntamento del ciclo "Beethoven, Honegger e l’Europa", che riporta Daniele Gatti sul podio del Teatro del Maggio, oggi e domani (ore 20) in Sala Mehta, per dirigere il Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra op.19 di Beethoven insieme alla Sinfonia n. 2 di Arthur Honegger.

Una partitura, quest’ultima, che il musicista svizzero compose nel 1941, nel pieno del secondo conflitto mondiale. Articolata su un solido impianto formale in tre movimenti costruito su una trama politonale, la partitura diventa espressione dell’angoscia e del turbamento provocati dal contesto bellico, ma anche di una solennità vitale e confortante che la tromba solista sprigiona nelle ultime battute del finale. In chiusura "Fontane di Roma", poema sinfonico del 1916 di Ottorino Respighi. Solista al pianoforte nel concerto beethoveniano è Enrico Pace. Presente nelle più rinomate sale da concerto e nei festival internazionali più prestigiosi, ha sviluppato nel tempo uno straordinario sodalizio artistico con il violinista e direttore d’orchestra Leonidas Kavakos, con il quale ha ricevuto nel 2013 il Premio Abbiati per l’incisione integrale delle Sonate per violino e pianoforte di Beethoven.

"Il secondo Concerto – spiega Pace - è un’opera acerba che Beethoven usava come biglietto da visita, dunque porta l’impronta di Haydn e soprattutto di Mozart, ma contiene già le ’zampate’, i cambi di umore subitanei, i chiaroscuri, i temi impositivi che saranno caratteristici dello stile della maturità. Questo è particolarmente evidente nel rondò finale, più personale perché frutto di un rimaneggiamento successivo".

Oltre a essere uno dei più rappresentativi interpreti italiani nel mondo, Pace svolge un’intensa attività didattica nelle Accademie di Imola e Pinerolo, dove si formano i talenti musicali del futuro. "Nella mia formazione – sottolinea Pace - l’incontro con Franco Scala è stato fondamentale. Allora avevo 16 anni e frequentavo il conservatorio a Pesaro. Da lui ho imparato che la volontà, le idee e le intenzioni non bastano a fare un grande pianista, ma è indispensabile costruire un rapporto efficace tra gesto e finalità espressiva che porti a un parallelismo stretto tra azione fisica e risultato sonoro". A Imola, quando l’Accademia era agli albori, "ho potuto confrontarmi con altri grandi maestri: Ashkenazy, Badura Skoda, Magaloff, Berman, Pollini, Petrushansky - continua Pace -. Più avanti ho incontrato il pianista belga Jacques de Tiège e sono approdato a uno mio stile che è frutto di un ’allenamento’ duro e ragionato. Nell’interpretazione di un pezzo non esiste un assoluto, ma ognuno deve trovare la propria cifra e soprattutto, costruire i mezzi e i gesti giusti per realizzarla. Questo è l’insegnamento che cerco di trasmettere ai miei allievi".