Firenze, 30 gennaio 2025 – Qualcosa è cambiato – scomodiamo Jack Nicholson – e negarlo diventa impresa assai ardua. Specie se alla mezzanotte di un 27 gennaio, a un tiro di schioppo dai giorni della Merla che furono, su Firenze soffia un vento morbido e tiepido, la colonnina di mercurio si attesta su una quota settembrina di 16 gradi e poco dopo l’alba un temporale autorigenerante sconquassa mezza città con 54 millimetri d’acqua (furono 53 in tutto il primo mese dell’anno nel 2024) che rimbalza in ogni dove. Diverse strade dall’Oltrarno a Rifredi si allagano e la gente s’infuria. Publiacqua è in trincea: “La rete fognaria ha funzionato – dice il presidente Nicola Perini – ma è un’infrastruttura ottocentesca che non è stata pensata per far fronte a bombe d’acqua”.
Perini ma ripartiamo da martedì mattina. Cosa è successo?
“Una rete di caditoie regolarmente pulite e controllate si è trovata a far fronte a una quantità d’acqua che non poteva in alcun modo essere assorbita”.
C’è chi punta il dito contro il fogliame che non sarebbe stato spazzato via nei giorni scorsi e martedì si è accumulato sui tombini ostruendoli.
“Quando avvengono piogge simili lo sporco si moltiplica anche se la pulizia è stata fatta da poco. Che lo sporco sia lì da ore o da mesi va per forza sulle caditoie trascinato dall’acqua”.
Abbiamo un problema.
“Sì, il sistema è fragile e datato. Noi puliamo ma gestiamo 400mila caditoie, qualcosa può andare sempre storto...”.
Ogni quanto le ripulite?
“Ciascuna una volta l’anno, più un 15% che riceve due interventi in dodici mesi”.
E come avviene la pulitura?
“Si toglie la griglia e si verifica che sia libero il tubo che collega la caditoia alle fogne. Se c’è un ostruzione la togliamo”.
E se non riuscite?
“Segnaliamo subito al Comune perché può trattarsi della radice di un albero o di cemento”.
Con Alia collaborate?
“Sì ma con funzioni diverse”.
La situazione resta critica.
“Per contrastare il cambiato climatico non c’è una ricetta semplice e dovremo anche ripensare al nostro territorio”.
Lorenzo Perra, presidente di Alia parla di sfida ciclopica. Ma da dove si parte?
“Bisogna seguire varie strade, subito e a lungo termine: la prima soluzione, a cui stiamo già lavorando, è intervenire subito dove si sono verificati problemi: a Firenze, con il Comune e i Quartieri, stiamo tracciando la mappa dei punti critici”.
Poi?
“Intervenire sulle fognature facendo adeguamenti dove necessario e rinnovando i tratti con problemi. Inoltre, in fase emergenziale, i detriti e i rifiuti portati dall’acqua rendono spesso inutile la stessa pulizia delle caditoie e delle vie di deflusso; in questo caso dobbiamo pensare a una collaborazione con il volontariato e la società civile per poter intervenire subito”.
Lei dice che l’acqua corre velocissima. C’è troppo cemento?
“Sì e infatti la vera sfida è iniziare a recuperare sul territorio ‘aree permeabili’ dove l’acqua possa essere assorbita. La Toscana potrebbe avviare un progetto pilota a livello italiano: dobbiamo studiare e introdurre nuovi sistemi di drenaggio e assorbimento, già sperimentati in alcune realtà europee; interventi urbani ed extra urbani che vadano ad affiancare una rete fognaria che non basta più”.
Sì ma tecnicamente da che parte si comincia?
“Dove possibile dovremmo liberare spazi dall’asfalto: penso alle aree industriali tra Firenze e Prato che offrono tante superfici che avrebbero la possibilità di tornare “a verde”. Penso al creare o ricreare una rete di piccoli canali e torrenti, per alimentare invasi. Credo che Publiacqua possa essere il primo gestore a sperimentare questo modello, coinvolgendo i 46 comuni serviti con un piano partecipato e il supporto di strutture scientifiche come Arpat e Lamma”.
Altri attori in campo?
“I gestori dell’idrico, i consorzi di bonifica, l’Autorità idrica, la Regione. La cooperazione è indispensabile perché, per dire, sistema fognario e reticolo di canali superficiali sono interconnessi ma rispondono a diversi gestori. Servirebbe un’unica autorità per governare i processi”.