REDAZIONE FIRENZE

"Maltrattò la famiglia", ma non era vero: assolto

Condannato in primo grado, innocente in appello. Gli era stata tolta anche la potestà genitoriale e, nel frattempo, il figlio è scomparso

Il rapporto di coppia era andato in cocci, tra rivendicazioni e accuse reciproche anche feroci. Erano volate parole grosse. Un presunto episodio di lesioni. Lei aveva denunciato il marito ai carabinieri per maltrattamenti in famiglia, di essere ubriaco anche davanti al figlio, chiesto aiuto alle associazioni di assistenza, ottenuto l’allontanamento del ragazzo dalla casa di famiglia, poi preso il figlio mentre il marito non c’era e averlo portato al sud, a Lecce. In mezzo anche la ’sparizione’ di quasi centomila euro dal conto corrente postale congiunto; prelievo avvenuto prima sembra che fosse palese, definitiva, ufficiale la volontà della donna di separarsi dal marito.

Lui, Salvatore C., oggi 52enne, avrebbe accusato la moglie di avere altre storie, di essere lei a fregarsene della famiglia. Era finito sotto processo. Aveva perso la potestà genitoriale. Insomma: macigni, un peso insopportabile da sostenere.

Tanto più che era stato condannato in primo grado (giudice Serafina Cannatà) a un anno e otto mesi per quei fatti contestati che sarebbero accaduti secondo l’accusa tra il 2015 e il 2016. Comprese le lesioni causate alla signora da una mano stretta al collo, dagli schiaffi. Salvatore C. aveva perso l’onorabilità. E il suo ragazzo. La possibilità di stare con lui, malato di distrofia muscolare; di stargli accanto, di assisterlo.

L’aveva poi perso davvero il 19 giugno di tre anni fa. Il ragazzo era a Lecce, non superò l’ultima crisi. Aveva 18 anni. Il padre l’aveva visto l’ultima volta l’estate precedente. Non fu neanche avvertito della ce allora "presentammo denuncia per questo contro l’ospedale di Lecce – rivela oggi il difensore, avvocato Cesare Martucci – denuncia che è poi stata archiviata".

Ma non è finita finché non è finita. E oggi Salvatore trova un po’ di sollievo nella sentenza di assoluzione emessa dalla Corte d’Appello-seconda sezione ’perché il fatto non sussiste’. I giudici del secondo grado hanno diversamente valutato certe testimonianze favorevoli all’imputato considerate di minore importanza nel primo processo. "Abbiamo dimostrato anche la realtà di quei movimenti di quel conto corrente – prosegue l’avvocato Martucci –, circostanza che ha minato l’attendibilità della persona offesa. Il depauperamento del conto era stato oggetto di denunce".

"E poi l’atteggiamento del padre quando era con suo figlio. Molti i testimoni che hanno raccontato di un genitore premuroso, che alle 7.30 di ogni mattina o quasi portava il figlio alla Misericordia, aiutava a issarlo sull’ambulanza, aspettava che questa partisse per andare a lavorare e poi, la sera, tornare da lui. Con lui. Ha dedicato la vita a questo figlio disabile, malato grave. Non ha avuto neanche il conforto di dargli l’ultimo saluto – conclude il legale –, l’ultimo abbraccio quando il ragazzo ha avuto una ultima crisi, quella decisiva purtroppo. Le denunce della donna e la sottrazione dei soldi dal conto corrente congiunto, prima di separarsi, sono state considerate io credo strumentali per allontanarsi e portare via il ragazzo".

giovanni spano