PIETRO MECAROZZI
Cronaca

Il manutentore dell’Eni: “L’area di intervento doveva essere bonificata”

Il permesso di lavoro viene inviato dalla società appaltante a chi esegue i lavori. Il Duvri garantisce “che in un’area a rischio le operazioni non interferiscano”

Indagini per capire cosa è successo a Calenzano (Foto Germogli)

Indagini per capire cosa è successo a Calenzano (Foto Germogli)

Firenze, 13 dicembre 2024 – Gli autotrasportatori potevano caricare e scaricare le vasche dei loro tir mentre era in corso un intervento di manutenzione straordinaria in un’area considerata a elevato rischio? Se lo chiede chi indaga, se lo chiedono le famiglie delle vittime e i loro colleghi. Se lo chiede chi da lunedì ha seguito da vicino l’ennesima strage sul lavoro, che ha causato nel deposito Eni cinque morti e ventisei feriti (di cui due in condizioni gravissime). A fornire delle risposte, almeno sulle procedure che andrebbero seguite, è un operaio Eni specializzato nella manutenzione e in forza allo stabilimento di Livorno che chiede di restare anonimo.

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L’inferno nel sito dell’Eni di Calenzano. Manutenzione nel mirino, altri documenti al setaccio

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“Esiste un permesso di lavoro – esordisce –, ovvero viene fatto l’avviso dell’esercizio di manutenzione che Eni compila e invia alla ditta che prenderà in appalto l’intervento” . Poi il datore di lavoro, come Eni, “predispone il Duvri (Documento unico di valutazione dei rischi di natura interferenziale)”, per garantire che in caso “di più operazioni in un area a rischio elevato come le raffineria o i depositi non vadano a interferire l’una con l’altra”.

Deve quindi essere data “una priorità”. O meglio, dovrebbe essere data. Perché come nel caso di Calenzano, o “intervieni su un’anomalia”, oppure “continui con le operazioni di carico e scarico”. Ma così, secondo quanto ricostruito dalle indagini, non è stato.

E, anche qui, chissà per quale motivo. Errore o catena di inadempienze? La procura è convinta che l’esplosione si sia verificata mentre si lavorava alla rimozione di valvole e tronchetti per mettere in sicurezza una linea di benzina dismessa. La promiscuità tra l’intervento di manutenzione e le operazioni di carico delle autocisterne è uno dei passaggi cruciali delle responsabilità da accertare.

Comunque, una volta compilati, i documenti vengono firmati dal capoturno, “dipendente della società conduttrice, e successivamente viene dato il via ai lavori”, continua l’operaio specializzato. Prima che un tubo, una valvola o un impianto finiscano sotto i ferri, c’è anche bisogno di una “bonifica”. Ovvero una procedura, in capo all’azienda appaltante, per “mettere in sicurezza la zone specifica ed evitare che rimangano all’interno, per esempio di tubazioni, residui di liquidi o gas”.

Si dovrebbe quindi misurare “la resistenza delle valvole”, ma anche “drenare i vani interessati”. Tutto ciò è avvenuto nel deposito di via Erbosa? Serve analizzare documenti e atti interni allo stabilimento per stabilirlo. Perché, ascoltando i racconti di colleghi e dei camionisti, l’operaio anche se basandosi sul modello Livorno, di una cosa è sicura: “Se c’è stato uno sbuffo, come si vede dal video – spiega –, all’interno delle tubazione era presente pressione tale da ’spararlo’ fuori con una velocità e una forza disarmante”. È lo stesso meccanismo che governo “un ferro da stiro” quando getta fuori “vapore dalle bocchette”.

Quanto alle responsabilità degli operai: “Sono tutte da stabilire – conclude –, perché una verifica preliminare delle condizioni in cui versa l’area interessate deve esserci anche da parte loro. In particolare per una questione di sicurezza personale”.