La notizia era attesa, ma la conferma è arrivata ieri. Papa Francesco ha ricevuto in udienza il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, autorizzandolo a promulgare i decreti che riconoscono le virtù eroiche di Maria Cristina Ogier, che è stata dichiarata Venerabile insieme ad altri sette Servi di Dio e un martire, don Giuseppe Beotti, ucciso dai nazisti nell’estate ’44. Per la Chiesa fiorentina è una grande gioia, segno di un altro piccolo passo verso la gloria degli altari, dopo la traslazione dei resti mortali nella basilica di San Miniato, lo scorso 8 gennaio. "Fedele Laica; fin da piccola, mostrò una grande fede nell’accettazione della malattia che le provocava notevoli difficoltà motorie. Malgrado le sofferenze, non si chiuse in se stessa ma si aprì alla Grazia" recita il decreto di promulgazione e nei suoi 19 anni scarsi di vita, dal 1955 al 1974, gli esempi concreti non sono mancati, anzi i loro effetti proseguono oggi nelle case di accoglienza e nelle altre opere che portano il suo nome. Felicissimo, insieme all’associazione Maria Cristina Ogier onlus che opera in suo nome, il postulatore della Causa di beatificazione, il padre domenicano Francesco Maria Ricci: "Innanzitutto ci troviamo di fronte a una giovane che fece della sofferenza un mezzo per unirsi più strettamente al Signore. In un’epoca quale quella attuale in cui la sofferenza stessa viene rifiutata e considerata senza senso. Come il beato Carlo Acutis, Maria Cristina ha fatto della sua malattia un dono agli altri. La novità consiste proprio in questo: la fragilità è stata la sua forza, nell’offrire tutta se stessa ai più deboli. E’ una santità giovane che rende giovane il Vangelo".
Malgrado le prove quotidiane, lottava fin dall’età di 4 anni con un tumore cerebrale, riservò una particolare attenzione alle necessità e ai problemi degli altri, per i quali era solita pregare. Contemporaneamente s’impegnava nell’assistenza agli anziani soli e bisognosi. Non trascurò di interessarsi alle questioni sociali e politiche di quegli anni. In particolare, si prodigò a favore della vita durante l’acceso dibattito sviluppatosi intorno ai primi tentativi di legalizzazione dell’aborto. Suo padre Enrico, ginecologo, è stato il fondatore del primo Centro di aiuto alla vita, dedicato alla memoria della figlia, ancora attivo nel complesso della basilica di San Lorenzo.
Duccio Moschella