
FIRENZE
Formalmente una moglie, ma nei fatti un oggetto da trattare senza alcun ritegno. Anzi, da maltrattare. E dire che per la donna, oggi 70enne, è stata una vita d’inferno, non è un azzardo, visto che anche il giudice, che ha ordinato l’allontanamento da casa di quel marito (e padre) padrone, colloca l’inizio dell’incubo in "una data antecedente o prossima al 1976" e tutt’ora permanente.
Un orribile tran tran ripetutosi dietro la porta di un normale appartamento di una strada vicina al Ponte alla Vittoria.
Ma com’è possibile che in 44 anni nessuno abbia visto, saputo, udito? O come lei stessa, in tutto questo tempo, non abbia trovato il modo e il coraggio di dire basta, ribellarsi, chiedere aiuto?
E’ una storia figlia di altri tempi, tempi in cui la donna deve stare comunque tre passi indietro all’uomo, senza indipendenza, anche economica. Neanche le due figlie della coppia, sono mai riuscite ad interrompere quella spirale oppressiva. E lei, da sola, aveva solo provato a contattare un centro antiviolenza. Lo aveva fatto almeno quattro volte, nel 2003, nel 2010, nel 2016 e anche nel 2019. C’era stata anche una separazione, anni addietro. Ma dopo aver raccontato alle operatrici della "difficoltà ad interrompere la relazione per paura di ripercussioni, per la poca autonomia economica e per paura di creare problemi alle figlie" aveva rifiutato di spostarsi in una casa rifugio ed ora tornata incredibilmente in quella prigione. "Questo è il mio rifugio", ha detto alle assistenti sociali che un anno e mezzo fa erano andate a vedere le condizioni del suo appartamento: un soppalco accessibile da una stretta scala a chiocciola, dove nascondersi quando il marito, sovente anche ubriaco, la insultava con i peggiori epiteti e le lanciava oggetti addosso. Era arrivato anche a minacciarla di morte, a metterle le mani intorno al collo. A rincorrerla con dei coltelli. Anche davanti alle assistenti sociali, il marito la aveva offesa, dando dimostrazione del clima di "alta conflittualità" della coppia.
"Devi fare quello che voglio io, altrimenti puoi andartene di qui", era solito ripetere.
Con il lockdown, la situazione è ulteriormente precipitata. E allora la donna ha trovato davvero il coraggio di denunciare. E’ riuscita anche a registrare con il telefonino la sua "normalità" di ingiurie.
Davanti ai poliziotti, è partita dall’inizio, scendendo in fondo al suo inferno. "Alzava le mani e facevo una vita da schiava. Dovevo cucinare e occuparmi delle bambine, inoltre lavoravo presso delle famiglie facevo le pulizie. Se non facevo queste cose mi sbatacchiava, mi prendeva per il collo".
"La sequenza abituale di comportamenti aggressivi, e spesso violenti, delle ingiurie, delle minacce e delle umiliazioni", scrive il pubblico ministero che ha ottenuto la misura nei confronti del marito, 71 anni, "integrano senza alcun dubbio un sistema di condotte offensive ingeneranti una condizione di sofferenza morale e fisica patologica e duratura, acuita anche dal profondo senso di frustrazione ed umiliazione ingenerato". Il 29 settembre sarà processato. La moglie è difesa dall’avvocato Mattia Alfano.
ste.bro.