
La maschera di Stenterello
Firenze, 25 gennaio 2016 - Tutto ha inizio nel 1500. Un nuovo secolo per il teatro, che smette di essere un fenomeno elitario ed esclusivo, trasformandosi in un mestiere e in uno spettacolo assolutamente popolare. Muovendosi di città in città, le nuove compagnie teatrali percorrono tutta la Penisola, recitando storie con trama e battute assolutamente improvvisate.
Nessun testo definito, nessun copione: solo estro attoriale, lazzi comici e battute fulminanti. Ed è proprio all’interno di questa nuova cornice, oggi ricordata come l'antica tradizione della Commedia dell’Arte, che nascono le principali maschere del Carnevale italiano. Personaggi fissi, che col tempo assumono caratteri e costumi inconfondibili, immortalati grazie ad atteggiamenti codificati, sino a fissarsi nell’immaginario collettivo come dei veri e proprio stereotipi: il servo astuto, come il bergamasco Brisighella, quello sciocco e sempre affamato, come Arlecchino, oppure il dottore bolognese, meglio noto come Balanzone, che divertiva il pubblico con il suo latino maccheronico, o ancora il mitico Pulcinella di Napoli, tra le maschere più antiche e famose Direttamente dalla Commedia dell’Arte arriva anche Stenterello, l’unica maschera tradizionale di Firenze e, secondo Pellegrino Artusi, anche l’ultima originaria di questa antica tradizione. Gracile, sparuto, talmente magro che pareva “cresciuto a stento”, questo personaggio deve fama e fisicità all’attore fiorentino Luigi del Buono che, ispirato dalla maschera di Pulcinella, decise di crearne un corrispettivo toscano verso la fine del ‘700. Il risultato fu quello di un personaggio dalla lingua tagliente, arguto e generoso, sempre pronto a cacciarsi nei guai, ma senza perdere il sorriso.
Allegro e dalla parlantina sciolta, Stenterello indossa un costume colorato e vivace, che testimonia il suo carattere stravagante e brioso: toscanaccio sì, ma mai volgare. A tempi più recenti risale, invece, la celebre maschera di Burlamacco, oggi simbolo inconfondibile del carnevale viareggino. Era il 1930 quando il pittore futurista Uberto Bonetti realizzò i manifesti per il carnevale versiliese disegnando Burlamacco e Ondina, personaggio femminile vestita da bagnante anni ’30. Se il nome evoca quello di Buffalmacco, personaggio del Decameron famoso per truffe e scherzi, il costume del personaggio versiliese è un mix riuscitissimo tra gli elementi tipici di altre maschere della Commedia dell’arte: dal cappello di Rugantino fino al mantello di Balanzone, passando per un costume a scacchi simile a quello di Arlecchino, corredato dalla gorgiera bianca di Capitan Fracassa e il pompon di Pierrot.
A Foiano della Chiana, in provincia di Arezzo, si festeggia uno dei Carnevali più antichi d’Italia, dove la prima edizione risale addirittura al 1539. Tra le sue maschere tradizionali Foiano presenta quella del Re Giocondo, il sovrano della caratteristica sfilata di carri allegorici, nonché simbolo e re del Carnevale stesso. Ogni anno questo fantoccio gigante fatto di stracci e paglia viene imbottito di petardi e, dopo aver letto il suo testamento in rima che ripercorre l’anno appena trascorso, viene bruciato con delle lanterne nella piazza principale della città. Un rito collettivo antichissimo, probabilmente di origine contadina.