BARBARA BERTI
Cronaca

Mecozzi, l’enfant prodige del violino: "Sono un grande devoto di Battiato"

Il 2 novembre a Fiesole con un viaggio nel suono "a tratti misterioso, a tratti evocativo"

Mecozzi, l’enfant prodige del violino: "Sono un grande devoto di Battiato"

Federico Mecozzi al Teatro di Fiesole il 2 novembre per un concerto a capo del suo quartetto che attraversa diversi brani dei suoi due album da solista

"Sono un devoto di Battiato. Ma vado al concerto di Madame e sogno un featuring con Cosmo". A parlare è Federico Mecozzi, il violinista, polistrumentista e compositore che sabato prossimo (ore 21) sarà ospite della rassegna ’Autunno fiesolano’ e si esibirà al Teatro di Fiesole, a capo del suo quartetto, per un concerto che attraversa diversi brani dei suoi due album da solista, ’Awakening’ e ’Inwards’, ma anche rivisitazioni di autori universalmente significativi. Al fianco di Ludovico Einaudi da quando aveva 17 anni, Mecozzi compone e interpreta la musica senza distinzione o etichette, passando dal pop al minimalismo, alla musica tradizionale bretone, irlandese e scozzese. Giovanissimo, classe 1992, ha all’attivo già due partecipazioni a Sanremo: è stato direttore d’orchestra nel 2019 per l’esibizione di Enrico Nigiotti e nel 2021 per Dellai.

Federico, cosa proporrà a Fiesole?

"Un viaggio nel suono, a tratti misterioso, a tratti evocativo. Ma molto ricco".

Ci spiega meglio?

"Sarà un intreccio costante di sonorità che transitano tra classica contemporanea, folk, elettronica e world music".

Come nasce la sua passione per la musica?

"A casa mia si è sempre ascoltato tanta musica, di tutti i generi. A tre anni ero già innamorato di De André, sapevo tutte le sue canzoni e a 5 anni ho iniziato a prendere lezioni di chitarra. Volevo diventare un cantautore chitarrista proprio come Fabrizio".

E il violino?

"A 12 anni ho sentito il bisogno di conoscere anche altro e esplorare nuovi strumenti. Ho scelto quasi casualmente il violino, anche se conoscevo bene Branduardi e Mario Pagani che sono violinisti. Mi sono iscritto al Conservatorio e poi con il violino è stato amore a prima vista. È uno strumento difficile, impegnativo che all’inizio non dà soddisfazioni, ci vuole tanta perseveranza".

Da anni accompagna il grande pianista Einaudi: come vi siete conosciuti?

"Nel 2008 era direttore artistico del festival di Verrucchio, città in cui sono cresciuto. Quell’anno gli fu conferita la cittadinanza onoraria e mi fu chiesto di celebrare l’iniziativa con un tributo al violino. Suonai una mia rielaborazione de ’I Giorni’, un suo brano cui sono legato. Tempo dopo fu proprio lui a chiamarmi e da lì iniziammo a lavorare insieme. All’epoca ero ancora a scuola ma riuscii a coordinare studio e lavoro. Da allora abbiamo instaurato un buon rapporto, umano e professionale perché non è il maestro che impone la parte bensì chiede di contribuire alla sua musica".