Firenze, 21 maggio 2017 - L’ULTIMO espisodio risale a poche settimane fa. A Scandicci una dottoressa è stata aggredita durante il suo turno di lavoro in guardia medica. Fenomeni che si ripetono sempre con maggiore frequenza e che mettono in allarme i professionisti della sanità: medici e infermieri si sentono vulnerabili, esposti a rischi anche gravi, poco protetti dal sistema sanitario.
PIÙ ancora dei colleghi maschi, una sorte che tocca agli operatori di sesso femminile. E i numeri parlano. Dai questionari compilati dai medici e pubblicati dalla federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) emerge una realtà inquietante. Un dato in particolare fa paura: su 2.400 dottori intervistati, durante il servizio di guardia notturna il 13% ha subito addirittura minacce a mano armata. Non meno significativi gli altri dati a disposizione: il 90% è stato vittima di atti di violenza, il 64% ha ricevuto minacce verbali, il 22% percosse, l’11% atti vandalici. Ma solo il 13% dei dottori ha deciso di denunciare.
«Quello della violenza scagliata contro il personale sanitario è un problema importante, sottosegnalato e sottostimato: spesso chi resta vittima di questi atti inaccettabili, è quasi rassegnato e pensa che facciano parte del lavoro. Altrettanto spesso decide di non denunciare per sfiducia nel sistema, temendo che nulla cambi e che anzi si corra il rischio di entrare in un tunnel infinito», Federica Zolfanelli, ex primario di Anatomia patologica all’Asl di Firenze, parla come membro della commissione Pari opportunità dell’Ordine dei medici di Firenze che, insieme al collegio Ipasvi (degli infermieri), ha organizzato il convegno ‘Rischiare la vita curando: basta!’. Ieri mattina il convegno si è svolto all’ospedale fiorentino di Torregalli, con l’obiettivo di dire stop alla violenza ai danni dei professionisti della salute. «Abbiamo acceso i fari su un fenomeno odioso che, a livello nazionale, l’Ordine dei medici ha già segnalato al ministro della Salute con un documento in cui si denuncia che la qualità delle cure è garantita dalla sicurezza degli operatori e che la sicurezza di operatori e pazienti, rappresenta un problema unico», dice Zolfanelli. Problema da affrontare sollecitando l’applicazione di misure di standard strutturali, organizzativi e di sicurezza: a partire dall’illuminazione e dal decoro dei luoghi. Sino a iniziative mirate, qualcosa come i pulsanti antirapina in dotazione nelle banche.
Violenze di ogni tipo. «Psicologica e verbale – spiega Zolfanelli – Ma anche fisica: ci sono operatori che vengoni picchiati, c’è chi riceve schiaffi e sputi, personale che viene ripagato con minacce e insulti sino ad arrivare ai casi più gravi di omicidio, per rancore o per vendetta».
DAI dati in possesso del centro regionale del Rischio clinico si osserva una crescita del fenomeno in Toscana: 40 casi di aggressione dal 2010 a oggi in tutta la regione e 30 casi di violenza nella sola Area vasta Centro dal 2013. Chi sono le vittime? «La classe infermieristica è più colpita rispetto ai medici perché il rapporto con il paziente è indubbiamente molto più ravvicinato – dice la dottoressa – Ma anche tra i medici i casi stanno aumentando».
Violenza ovunque, ma in particolare nei servizi dell’emergenza, perpetrata più facilmente, stando alle statiche, da pazienti di sesso maschile che hanno fatto abuso di alcol o sostanze: «Ma ricordiamo che la violenza è anche verbale e psicologica e che spesso gli operatori sanitari vengono aggrediti così anche da parenti di pazienti ricoverati in ospedale».