EMANUELE BALDI
Cronaca

Mercafir, un mondo al contrario Sudore, sorrisi e strette di mano Viaggio nella città della notte

Più di mille persone gravitano dalla sera all’alba nel mercato ortofrutticolo alla periferia nord. Qui si accendono le luci quando i fiorentini le spengono. "Un posto particolare, ma bellissimo".

Mercafir, un mondo al contrario Sudore, sorrisi e strette di mano Viaggio nella città della notte

di Emanuele Baldi

"Occhio, occhio lì. Spostatevi, vengo all’indietro". Ci scansiamo lesti che il muletto straripante di mele rosse ha la retro possente. "Vedi, ve l’ha detto perché non lavorate qui. Chi ci sta tutte le notti i rumori delle macchine li riconosce anche di spalle. E si sposta subito" ci spiega bonario Stefano Ciolli, dirigente, sul pezzo da una vita.

È una faccenda di riflessi e muscoli, di sguardi, di intese collaudate, di lingue intinte nell’inchiostro caustico fiorentino che l’alba, senza lampi di ironia di grana grossa, altrimenti non hai benzina per agguantarla.

La Mercafir si annida con i suoi orari al contrario nel ventre molle di quella Novoli che già declina verso la piana come una capsula illuminata che ritaglia il nero pece della notte con il bagliore dei suoi 26 ettari d’asfalto. Grossisti, impiegati, magazzinieri. Tutti insieme in un concerto di voci e motori.

La città della notte funziona con il passo dell’anarchia armonica. Ognuno sa cosa deve fare, dove, quando, come e perché mentre l’occhio di chi arriva da fuori si confonde tra pesche, carciofi e mandarini stipati che sembrano palazzine di frutta e non si raccapezza granché.

Il ’negozione’ apre i cancelli alle una passate e verso i banchi si fiondano i primi camion e furgoncini perché qui funziona un po’ come nei mercati dei collezionisti. Chi prima arriva piglia il meglio.

"I primissimi ad arrivare sono quelli che la mattina hanno mercati lontani da Firenze. Magari a Viareggio o in Casentino e devono farsi ore per tornare in tempo" ci dice Stefano. Poi arriva la grande distribuzione, poi i ristoranti, i locali, i bar, i barrocciai dei mercati locali.

La Mercafir è un pezzo di scheletro nel corpaccione della città, quasi un orologio notturno fisiologico per le funzioni vitali della stessa con i suoi settemila quintali di roba – oltre alla frutta qui ci son carne e pesce – che da qui per mille rivoli finiranno sui nostri piatti. D’altronde è storia vera. Le sue origini risalgono agli anni del Fascismo quando Palazzo Vecchio realizzò che il vecchio mercato di Sant’Ambrogio, impossibilitato a spalmarsi per i limiti fisici del rione, non poteva bastare più alla città. Dopo anni si dibattiti in piena modalità Guelfi-Ghibellini, il Comune decise di costruire una nuova, grande struttura. Era il 1937. I lavori iniziarono nella primavera del ’39 ma furono rallentati per l’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale e poi sospesi nel febbraio 1944.

La Pira riprese in mano la faccenda a metà degli anni ’50 e i lavori del primo lotto vennero affidati all’impresa di Flavio Callisto Pontello, decenni più tardi patron della Fiorentina. Il Mercato ortofrutticolo fu poi inaugurato il 18 settembre 1960 alla presenza dell’allora presidente del Consiglio Amintore Fanfani.

Negli anni immediatamente successivi al 1980, l’importanza del mercato incrementò con l’istituzione appunto del centro alimentare polivalente che fu chiamato Mercafir. Nella notte tiepida da primavera con il pedale dell’acceleratore pesante si alzano i profumi della frutta, della verdura ancora bagnata, dei limoni, dei pomodori, dei sedani.

"Come stai grande?". Il presidente Giacomo Lucibello gira con l’aria del ragazzone amico di tutti fra i banchi. C’è rispetto in questo mondo della notte, ci si intende con uno sguardo. "Se c’è una grana viene subito fuori", ci raccontano. "E’ un mondo un po’ particolare, ma bellissimo", dice Lucibello - accompagnato in una passeggiata serale dall’assessore al commercio di Palazzo Vecchio Giovanni Bettarini – scruta con occhio accorto i primi pancali di frutta scaricati dai camion che passeggiano su e giù per l’Italia a nottate intere.

Giulio, suo collaboratore, sorride e spiega come funziona quella macchina magica. "Ecco, ecco. Vedi entrano i primi camion. Se hanno furia? Eh sì... Poi devono correre a lavorare".

Il bar della Mercafir poi è un gradevole cortocircuito temporale che apre di notte e chiude la mattina. C’è perfino la musica tra qualche tavolino apparecchiato vista mercato.

Qui un caffè e un sorriso non mancano mai e allora c’è chi dà un pugno alla notte e si ferma a scambiare due parole con la ragazza dietro il banco. La lasciamo verso le due che sta preparndo le frittate calde. Finiranno in tanti panini, ché in tempo di Ramadan i lavorarori musulmani che sviaggiano sui muletti hanno orari scanditi dal sole.