
Michele Torpedine con i ragazzi de 'Il Volo'
Firenze, 6 maggio 2018 - «A Firenze, alla Toscana, sono sempre stato legato: 13 anni con Zucchero, 16 con Andrea Bocelli, e la Versilia, soprattutto… Quando suonavo, con l’orchestra abbiamo girato molti locali. Chissà, quasi per una strana coincidenza, mi ritrovo sempre qui». Ed è anche per questo forte legame affettivo che passerà dalle rive dell’Arno il tuor di presentazione di “Ricomincio dai tre” (Pendragon), fatica letteraria di Michele Torpedine, per settimane in testa alle classifiche Feltrinelli e Amazon.
Un racconto intimo, oltre che un excursus di tanti anni di professione a contatto con il mondo delle note, nel quale il manager e produttore musicale nato in Puglia nel ’52 ma cresciuto all’ombra della Garisenda, parla di sé. Rivivendo aneddoti, incontri, amicizie, rapporti professionali finiti più o meno bene come manager di personaggi del calibro di Gino Paoli e Ornella Vanoni, Pino Daniele, Zucchero, Andrea Bocelli, Biagio Antonacci, Giorgia, Eros Ramazzotti fino ai trionfi internazionali con Il Volo.
Torpedine, si aspettava tanto successo come scrittore?
«No, effettivamente mi aspettavo più querele (ride, ndr). Ma poi, perché? In fondo parlo sempre con affetto degli artisti con i quali ho lavorato. Certo, magari, in qualche caso, noto che alcuni hanno la memoria corta, o ricordano male (ride di nuovo)».
C’è stata anche una recente polemica con Zucchero. E’ a Firenze che vi siete incontrati la prima volta…
«Sì, in un piccolo ristorante. Lui aveva in mano un foglio a quadretti tutto unto, me lo fece vedere: era la lista dei manager che aveva incontrato. Su tutti i nomi c’era una riga, come a cancellarli: l’ultimo nome, era il mio. Tutti gli avevano detto di no, io invece… gli prestai 30 milioni che gli servivano, senza nemmeno discutere le condizioni».
Tanti aneddoti, una lunga carriera, con una partenza tutt’altro che facile: non è vero?
«Quando non hai i soldi per andare avanti e vivi in cinque in una stanza sola, non c’è romanticismo nella povertà, solo dolore e rabbia. Ho cominciato a lavorare a 8 anni, raddrizzavo i chiodi che venivano estratti dalle suole, guadagnavo poco o nulla... ma era sempre meglio di niente. A 12 anni ho iniziato a lavorare come batterista, poi come cameriere e fattorino».
In quarant’anni di rapporto con la musica e gli artisti, cos’è cambiato? «Ho tanti nemici, che aumenteranno dopo questo libro. Ma ho incontrato le persone giuste: Gianluca Ginoble, Ignazio Boschetto e Piero Barone».
I ragazzi del Volo? «Sì, come si capisce dal titolo del libro. Quando li ho conosciuti e messi insieme come trio erano talmente giovani... pensare che sono già passati 10 anni! Con loro e con le loro famiglie, gente per bene, è nato un rapporto che va ben oltre quello professionale. Insieme si scherza e si ride, poi facciamo sul serio, riscuotendo successi mondiali: ma il lato umano, il loro essere veri e puliti, per me è un valore aggiunto, che non ha prezzo. E, soprattutto in questo ambiente, è merce rara».
Un po’di amarezza? «Vede, quello del manager è un mestiere particolare: quando scopri un artista in un piano bar o in un momento di empasse della carriera (com’è accaduto con Andrea Bocelli, quando l’ho conosciuto cantava in un piano-bar per 160.000 lire a sera, e Gino Paoli, che si esibiva ai minimi salariali per pagare i debiti accumulati per far curare la moglie che non stava bene) e riesci a farli lavorare molto e bene, all’inizio sei un eroe, quello che gli fa guadagnare l’80 per cento. Ma con il passare del tempo, quando prendono sicurezza e pensano di potercela fare da soli, ecco, allora diventi quello che gli prende il 20 per cento».
Scarsa riconoscenza? «Diciamo nessuna. È così difficile sentirsi dire “grazie”, per questo i ragazzi (così chiama sempre Gianluca, Piero e Ignazio, ndr) sono diversi: riconoscenti, tanto che ho dovuto dirgli di smettere di ringraziarmi durante le interviste o alla fine dei concerti».
Quanto affetto... Voglia di una famiglia? «Non ho figli né moglie, ho sposato la musica. Forse il brutto verrà dopo, quando ti volterai e non troverai nessuno. Ma al momento mi va bene così».
Prossimi appuntamenti? «Il 7 giugno i ragazzi saranno al San Paolo di Napoli per il concerto-tributo a Pino Daniele, poi siamo in procinto di fare un’etichetta musicale insieme e dare valore anche ad artisti nuovi».
La musica, il libro, e poi? «Intanto ne ho data una copia a Pupi Avati, sa che mi ha detto dopo averla letta? Che di tutti i personaggi di cui racconto, quello che l’ha colpito e gli piace di più sono io. Chissà, che “Ricomincio dai tre” diventi un film».
Dopo Firenze l’8 maggio, Verona, Agrigento, Roseto degli Abruzzi, Lecce… Il tour di “Ricomincio dai tre” la fa viaggiare parecchio: è in programma un secondo libro?
«A essere sinceri, di cose da raccontare ce ne sono ancora parecchie».