REDAZIONE FIRENZE

"Moda, nessuna azienda resti senza cassa"

Crisi moda Firenze: 60 settori esclusi dalla cassa integrazione. Assessorato regionale chiede revisione circolare Inps per includerli.

Crisi della moda, mancano all’appello almeno più di 60 categorie merceologiche per la cassa integrazione straordinaria. E’ l’analisi dell’assessora regionale alle Crisi aziendali, Alessandra Nardini che ha scritto una lettera alla ministra del lavoro, Marina Calderone per chiedere una revisione della circolare Inps illustrativa dei contenuti delle disposizioni in materia di integrazione al reddito in favore dei lavoratori dipendenti di datori di lavoro, anche artigiani, operanti nei settori tessile, dell’abbigliamento e calzaturiero. La circolare è stata pubblicata tre giorni fa, a un mese di distanza dal decreto legge in materia approvato dal Governo per accesso a 9 settimane di cassa integrazione straordinaria alle aziende operanti nel settore della moda. La circolare operativa dell’Inps chiarisce i requisiti per rientrare nel campo di applicazione di questo provvedimento: le aziende devono essere classificate nei settori industria o artigianato, avere una forza occupazionale media inferiore o pari ai 15 dipendenti, aver già raggiunto i limiti di durata massima dei trattamenti di integrazione salariale previsti dalla legge. Le tipologie sono indicate secondo codice Ateco nell’allegato 1 della circolare, ma dall’esame proprio di questo elenco sono nati i problemi.

"E’ nostro intento – ha detto l’assessora Nardini, che è anche la coordinatrice della XI Commissione della Conferenza delle Regioni – non lasciare fuori nessuna azienda della filiera. Per questo come conferenza delle regioni abbiamo deciso di scrivere alla ministra al termine della riunione della commissione, convocata per prendere visione dell’allegato 1 della circolare". Un allegato ‘scarno’ proprio perché mancherebbero diverse tipologie di aziende, che sono legate al sistema della moda, pur non avendo i codici 13, 14 e 15 e relativi sottocodici d’impresa. Nella lettera scritta alla responsabile del dicastero del Lavoro, si chiede di prendere in considerazione anche i codici 16, 18, 20, 22, 24, 25, 26, 28, 32, 33, 35, 46, 47, 64, 74, 95 e 96. Tanto per fare alcuni esempi, si va dalle fabbriche di manici di ombrelli e parti in legno per calzature, alle aziende che producono profumi e cosmetici, senza dimenticare le metallerie per gli accessori tessili e di pelletteria. Non mancano le fabbricazioni di orologi, di macchinari per il tessile e le pelletterie. Altre categorie interessate, le lavorazioni di preziosi e bigiotterie, le produzioni di occhiali e lenti oftalmiche. Chiudono il quadro commercio all’ingrosso e dettaglio di abbigliamento, tessili e pellami, le lavanderie industriali che si occupano di finissaggio, follatura, rifinizione. Un universo legato al mondo della moda che era stato dimenticato nella circolare Inps e che, se non fosse integrata, dovrebbe aspettare un nuovo provvedimento ad hoc.

Fabrizio Morviducci