REDAZIONE FIRENZE

Caso Moro, i familiari dei caduti in via Fani chiedono nuove indagini su covo Br in via Pisana

E soprattutto il ruolo di Giovanni Senzani, ma per l'ex pg della Toscana Tindari Baglione l'ex br e professore "sul territorio fiorentino ci abitava, ma non operava" / "CASO MORO, IL RUOLO DEL CONSULENTE USA / PRESENTAZIONE DEL LIBRO "DOVEVA MORIRE" - VIDEO

Una panoramica dall'alto scattata il 16 marzo 1978 dell'agguato in via Fani (Ansa)

Firenze, 15 marzo 2015 -  Un covo di brigatisti in via Pisana, a Firenze, che sarebbe stato utilizzato come 'cabina di regia' del rapimento del presidente della Dc Aldo Moro. E' uno degli elementi su cui i familiari delle vittime cadute in via Fani, attraverso il loro legale Valter Biscotti, chiedono al Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Roma, Antonio Marini, di effettuare nuove indagini. In particolare la richiesta riguarda il ruolo che Giovanni Senzani potrebbe aver svolto durante il rapimento Moro anche sulla scorta di una recente audizione di un magistrato fiorentino Tindari Baglione davanti alla commissione Moro.

La richiesta è stata depositata alla vigilia del trentasettesimo anniversario dell'uccisione del presidente della Dc e del massacro degli agenti della sua scorta.

Da alcune affermazioni riportate da Prospero Gallinari in un suo libro, infatti, quell'appartamento era già attivo al luglio del 1977 e ospitava due membri del commando di via Fani (Gallinari e Bonisoli). "Il fatto sorprendente e di grande novità e rilievo delle dichiarazioni di Gallinari è che l'appartamento era messo a disposizione da Giovanni Senzani 'consulente esperto della situazione'. Pertanto la conseguenza di queste dichiarazioni è che Senzani era in contatto con Gallinari e Bonisoli già nel luglio del 1977. Mentre la storia giudiziaria ufficiale colloca la posizione di Senzani nelle Br a partire dal 1979". La parte civile chiede quindi a Marini "di acquisire il fascicolo sul covo di via Pisana ed anche altri procedimenti Br celebrati a Firenze e quelli a carico di Senzani". Inoltre è emerso in commissione Moro che la casa di Senzani era intercettata. La moglie riferì al giudice Vigna di aver trovato in casa un registratore murato, "opera che non era riconducibile a nessuno degli occupanti dell'appartamento". Anche su questo dato la parte civile chiede approfondimenti e "specifiche indagini".

IL COMMENTO DI TINDARI BAGLIONE - Per l'ex pg della Toscana, Tindari Baglione, ascoltato nei giorni scorsi in commissione Moro, l'ex br e professore Giovanni Senzani "sul territorio fiorentino ci abitava, ma non operava. Era proiettato a Roma, ministero della difesa o forse degli interni" per consulenze "e credo che avesse la cattedra a Genova". "Che vi fossero contatti fra Senzani e il comitato toscano delle Br a mio avviso era da escludere", ha poi aggiunto. Riguardo il legame fra il sequestro Moro e Senzani, che sarebbe suggerito dal fatto che nel 1977 Bonisoli e Gallinari avrebbero abitato a Firenze in un appartamento messo a disposizione da Senzani, Baglione oggi risponde che quel riferimento in commissione Moro non è stato fatto da lui ma dal deputato Pd Gero Grassi. Baglione ha anche ricordato che il brigatista Salvatore Bombaci venne arrestato nel 1978 dalla digos "in un'abitazione di Senzani in Borgo Ognissanti", a Firenze. Il capo della digos fiorentina, Mario Fasano, disse al magistrato "che forse sarebbe stato il caso di dire a Senzani", all'epoca conosciuto come professore universitario e non coinvolto nell'indagine fiorentina: "Stai attento a chi ti metti in casa". "Io - ha spiegato Baglione - gli dissi che non avrei chiamato nessuno, non avrei avvisato nessuno. So che invece le forze di polizia lo avvisarono. Io di Senzani, oltre a questo, niente so". In merito ai covi delle Br a Firenze "mi pare fossero cinque - ha detto Baglioni in commissione - ma io mi sono occupato solo di quello di via Barbieri. Poi, ma fu trovato dopo, sapevo di quello in viale Europa, ma sono tutti atti successivi" alle sue indagini, "come quello vicino Sollicciano, dove doveva essere la direzione strategica". Infine, riguardo la possibilità di intercettare con registratore a nastro (in riferimento alla 'macrospia ambientale' che la moglie di Senzani disse di aver trovato in casa) Baglione ha detto che all'epoca la procura "poteva fare solo intercettazioni Sip, non avevamo nemmeno il fax".

LA RICHIESTA DEPOSITATA IERI - È oggi "assolutamente indispensabile una nuova ricognizione dei fatti criminosi attraverso nuovi interrogatoti, da parte della Procura generale" di tutti i Br ritenuti presenti in via Fani. È questa la principale proposta che i familiari degli agenti caduti in via Fani, attraverso il loro legale Valter Biscotti, avanzano al Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Roma, Antonio Marini. Nella richiesta, depositata ieri, dopo aver ricordato le 'altalenanti' dichiarazione dei Br sulla dinamica di via Fani l'avvocato Biscotti chiede che si approfondisca oltre al ruolo di Senzani anche quello di Bruno Barbaro, tra i primi ad intervenire in Via Fani (l'uomo con il cappotto color cammello) che aveva legami familiari con addestratori di Gladio e che è ancora vivente. Barbaro aveva un ufficio sopra il bar Olivetti, che riapre la sua attività alla vigilia della strage e la chiude poco dopo, e la cui siepe davanti la vetrina fece da 'scudo' ai brigatisti in attesa della macchina di Moro. Capitolo importante è quello del munizionamento 'non convenzionale': 31 bossoli di via Fani sono infatti senza data sul fondello e hanno le peculiarità tecniche proprie dei proiettili che fanno parte di stock non destinate ad eserciti regolari o a organizzazioni parastatali. Di fatto si tratta di proiettili in uso a forze non convenzionali. Anche il caricatore trovato davanti al bar conteneva al suo interno due proiettili di questo tipo.

La parte civile dei familiari degli agenti chiede approfondimenti e verifiche sul 'tiratore scelto' che è comunque capitolo irrisolto della strage: "La prima perizia balistica del 1978 stabilì che uno degli assalitori sparò da solo oltre il 53% dei proiettili". "Nel 1994 una seconda perizia sostenne che un solo uomo sparò tra il 34 e il 59% del totale dei colpi". Il dato quindi non muta: c'è la presenza in via Fani di un uomo che si accollò la gran parte della responsabilità militare della operazione. "Un killer che nella ipotesi minima avrebbe sparato da solo più di un terzo dei colpi e, in quella massima, addirittura tre quindi del volume di fuoco complessivo".

E tutto ciò a fronte del fatto che i Br raccontano quasi tutti che le loro armi si incepparono. Fiore, pur cambiando il caricatore non sparò un solo e Moretti, ad esempio, ha parlato di "capacità militare approssimativa" del commando con una preparazione tecnica "che avrebbe fatto ridere un caporale di qualsiasi esercito". Sempre Moretti ha sostenuto che neppure Bonisoli "sa come ha fatto a sparare con tanta precisione" verso Iozzino. Alfredo Buonavita disse che a via Fani "in soldoni avevamo quattro armi scassate, e quattro persone di cui qualcuno se la faceva pure sotto per cui questo favoleggiare sulle armi sofisticatissime dei Br cade un pò nel ridicolo". Gallinari e Bonisoli riuscirono ad utilizzare la pistola di scorta; Morucci sostituì il caricatore del mitra ed esplose una seconda raffica, dopo aver disinceppato l'arma, solo quando la macchina era già ferma.

I Br avrebbero preventivato di utilizzare 4 uomini per "loro stessa ammissione non particolarmente addestrati e male armati per bloccare e uccidere 5 agenti in movimento e dotati di pistole e mitra di cui non conoscevano il grado di preparazione e di allerta". Il documento chiude con la richiesta di interrogare nuovamente Franco Bonisoli, Raffaele Fiore, Valerio Morucci, Bruno Seghetti, Mario Moretti, Barbara Balzerani, Rita Algranati e Alvaro Lojacono, Alessio Casimirri. Questi ultimi due rifugiati all'estero, rispettivamente in Svizzera e Nicaragua.