Firenze, 10 luglio 2024 – Le sentenze che condannano per omicidio colposo il medico pratese Giorgio Galanti, 76 anni, ex direttore della medicina sportiva di Careggi, sono adesso due. E ribadiscono un concetto: il calciatore della Fiorentina e della nazionale azzurra, Davide Astori, 31 anni, poteva essere salvato: il luminare della medicina sportiva toscana - e non solo - avrebbe dovuto cogliere i segnali presenti nei tracciati e disporre accertamenti più approfonditi sul cuore del capitano viola.
Così recita il capo d’imputazione, argomentato dal pm Antonino Nastasi, recepito nella sentenza di primo grado emessa, in rito abbreviato, dal gup Antonio Pezzuti e ora confermata dalla terza sezione della corte d’appello.
La tragedia. Il 4 marzo del 2018, la Fiorentina pernottava all’albergo La’ di Moret, in vista dell’impegno di campionato contro l’Udinese. Astori, capitano della formazione guidata da Pioli, dormiva da solo. Era il primo a presentarsi in sala colazioni e quando quella mattina i compagni non lo trovarono già seduto al suo posto, prima ci scherzarono. Poi iniziarono a preoccuparsi.
La perizia. Il malore colse Astori la notte, mentre si trovava da solo, senza nessuno che lo potesse aiutare. Se si fosse sentito male in campo, o durante l’allenamento, una tempestiva defibrillazione avrebbe potuto salvarlo.
Però il numero 13 della Fiorentina non sapeva di avere un cuore malato. Anzi, agli esami di idoneità, svolti con regolarità ogni anno, sin da giovanissimo, non erano mai emersi segnali strani.
Le visite sotto accusa. Galanti, in pensione dal 2018, visitò Astori per due volte, nell’estate del 2016 e l’ultima nel 2017.
Secondo i periti del giudice, durante la prova da sforzo emersero dei campanelli d’allarme che Galanti ignorò. "Gli elettrocardiogrammi tipo Holter che il professor Galanti non ha fatto fare sarebbero stati due e non uno solo - ha scritto il giudice nella sentenza -: egli infatti avrebbe dovuto ordinare tale accertamento già all’esito dell’esame del 2016 e poi, qualora esso avesse dato esito negativo, avrebbe dovuto ripeterlo all’esito dell’esame del 2017; è evidente quindi che la possibilità di identificare ’’eventi maggiori’’ si sarebbe raddoppiata".
"E’ pacifico", si legge ancora nella sentenza confermata ieri, "che dai tracciati elettrocardiografici registrati durante le prove da sforzo annuali emerge una ripetuta documentazione di extrasistolia ventricolare". La presenza di tale campanello d’allarme, era un "qualcosa che doveva far riflettere", e non poteva "essere liquidato come normale, fisiologica o di non rilevanza clinica, come effettuato nel caso in esame da Galanti, senza aver eseguito adeguati accertamenti clinico strumentali rivolti ad escludere uno sottostante patologia cardiaca a rischio di morte improvvisa".
In quanto calciatore, Astori era cinque volte più a rischio di una persona comune. "La scelta di non procedere a tale esame non solo si presenta negligente ed imperita, ma anche del tutto assente di una pratica giustificazione, tenuto anche conto dell’impegno sportivo di Astori quale calciatore professionista ai massimi livelli". Per il giudice Pezzuti, la scoperta della cardiomiopatia aritmogena avrebbe magari fatto interrompere la carriera del calciatore, ma avrebbe potuto vivere con un impianto salvavita.
Il ricorso. Ma Galanti ha ancora un’altra chance: manca la Cassazione. Il suo legale, Sigfrido Fenyes, annuncia il ricorso ancora prima di leggere le nuove motivazioni.
L’abbraccio. Ieri, al palagiustizia di Firenze, erano presenti la compagna del calciatore, Francesca Fioretti, e il fratello di Astori, Marco. Entrambi erano commossi dopo la sentenza.