Firenze, 8 ottobre 2021 - Lo storico Enzo Collotti, tra i più autorevoli studiosi della seconda guerra mondiale, dei crimini del nazifascismo e della Resistenza in Europa, è morto ieri all'età di 92 anni nella sua casa di Firenze. La notizia della scomparsa è stata data dall'Istituto nazionale Ferruccio Parri, di cui Collotti aveva fatto parte in qualità di membro del comitato scientifico e direttivo e come direttore della rivista "Italia Contemporanea" dal 1976 al 1978.
Era stato sposato con la storica Enrica Pischel, specialista della storia dell'Asia, scomparsa nel 2003. Dal 1965 Collotti ha insegnato alle Facoltà di Lettere delle Università di Trieste e Bologna, fino al 1987, quando passò alla cattedra di storia contemporanea all'Università di Firenze fino al suo ritiro dall'insegnamento nel 2000. Tra le sue numerose opere spiccano: "Storia delle due Germanie 1945-1968" (Einaudi, 1968); "La Germania nazista. Dalla Repubblica di Weimar al crollo del Reich hitleriano" (Einaudi, 1973); "Dalle due Germanie alla Germania unita" (Einaudi, 1992); "Il fascismo e l'Italia in guerra, Roma" (con Lutz Klinkhammer, Ediesse, 1996); "Il fascismo e gli ebrei. Le leggi razziali in Italia" (Laterza, 2006). Dal 2001 al 2007 ha curato per la casa editrice Einaudi, con Renato Sandri e Frediano Sessi, il "Dizionario della Resistenza".
Profondo conoscitore delle fonti storiografiche in lingua tedesca, Collotti si è dedicato intensamente allo studio del nazionalsocialismo e del fascismo in Germania, Austria e Italia, analizzando a fondo la Repubblica di Weimar, l'occupazione tedesca in Italia e il ruolo dell'Italia stessa nella politica antisemita, e ponendo una grande attenzione sui movimenti per la Resistenza, sul sistema concentrazionario e sulle leggi razziali.
Nato a Messina il 15 agosto 1929, nel 1941 Enzo Collotti si trasferisce con la famiglia a Trieste, dove entra in contatto con la cultura slava e inizia lo studio del tedesco. Si laurea in giurisprudenza nel 1951 con una tesi sul tema del lavoro nella Costituzione italiana e nello stesso periodo inizia a collaborare alle riviste "Il Ponte" di Piero Calamandrei e "Occidente". Dal 1954 lavora all'Istituto di studi di politica internazionale di Milano fino a quando nel 1959 entra alla casa editrice Feltrinelli, occupandosi dei movimenti e dei partiti in accordo al movimento operaio. Dal 1964, conclusa la collaborazione alla Feltrinelli, inizia a scrivere sulla rivista "Belfagor" e, dal 1970, su "Il Manifesto".