Firenze, 7 ottobre 2017 - «Non possiamo aspettare per sempre gli altri: ora andiamo avanti per i fatti nostri, senza comunque lasciare da parte il dialogo e la collaborazione». Izzedin Elzir è stanco delle attese per ottenere un luogo di preghiera per i fedeli islamici di Firenze. Sono 12 anni che se ne parla, da quando per la prima volta la questione moschea fu portata in discussione a Palazzo Vecchio dall’allora capogruppo Ds Ugo Caffaz, di religione ebraica. Ma nonostante quell’affermazione condivisa da molti, «La città è pronta per la moschea», ancora non si è arrivati a niente. «E’ tutto fermo da tempo – dice l’imam di Borgo Allegri e presidente nazionale dell’Ucooi –. La commissione interna alla nostra comunità che si occupa dell’iter per la moschea non ha novità al momento. Forse serviva un attimo di pausa, una boccata d’ossigeno da parte di tutti per rilassarsi un pochino dopo quanto avvenuto». ELZIR si riferisce a due aste perse all’ultima busta: la prima del dicembre 2015, quando la comunità islamica offrì mezzo milione di euro per un ex deposito di pullman a Varlungo. Sembrava fatta, invece fu quasi doppiata dalla proposta risultata vincente di concessionario di auto. Altra asta perduta è stata esattamente un anno dopo, su un terreno in viale Europa per il quale un’azienda agricola spuntata all’ultimo minuto ha proposto il doppio della base d’asta. Poi sono seguite due nuove ipotesi: Villa Basilewsky e Villa Fabbricotti, entrambe ritenute inidonee dalla comunità islamica per accogliere un centro culturale e una sala di preghiera. Non sono andate in porto neanche le proposte provvisorie del Mandela Forum e dell’aula bunker di Santa Verdiana. I mesi scorrono e non si vedono ipotesi concrete per un nuovo luogo di preghiera che possa portare alla chiusura quelli attuali e inadatti alle esigenze di una comunità numerosa, con 35mila fedeli nella provincia fiorentina di cui la metà solo tra i confini comunali del capoluogo. Solo per l’ultimo giorno del Ramadan si riuniscono in 5000-6000 persone, tra cui alcuni italiani convertiti all’Islam. «Siamo in un momento di riflessione – dice Izzedin Elzir – con tantissimi privati che continuano a contattarci per offrirci di comprare stabili o terreni. Avremo avuto negli ultimi mesi almeno 100 offerte».
Ma al momento nessuna sembra essere adatta alle esigenze della comunità per il suo centro culturale, «che necessita di varie stanze attigue e una grande sala di 500-600 metri quadri da adibire a luogo di preghiera. Deve essere in un posto raggiungibile con i mezzi pubblici e privati, per poter permettere a tutti di arrivarci anche da lontano. La strada della partecipazione e del dialogo che abbiamo intrapreso da subito – dice l’imam – è la più lunga e difficile, lo sapevamo da subito. Ma non possiamo ancora aspettare a lungo le scelte altrui. Sono un uomo di fede e son sicuro che se non la costruiremo oggi, ce la faremo domani. Intanto noi continuiamo a lavorare per raggiungere il nostro obiettivo: avere un luogo dignitoso e sicuro dove pregare. Ce la faremo».