STEFANO BROGIONI
Cronaca

L'inchiesta/ «Mostro, dovete indagare ancora»

Le famiglie delle vittime si oppongono all’archiviazione: «Tanti elementi da approfondire»

L’ex legionario di Prato, Giampiero Vigilanti

Firenze, 4 settembre 2019 - CI SONO aspetti non approfonditi ed elementi trascurati, nelle indagini sui delitti del mostro di Firenze che la procura intende chiudere con un’archiviazione per i due indagati. Le famiglie delle vittime francesi del mostro di Firenze, tramite il loro legale, Vieri Adriani, hanno presentato un’opposizione a questo atto della procura, che si concentra sulla posizione dell’ex legionario 89enne di Prato, Giampiero Vigilanti. Abile, secondo Adriani ed i suoi collaboratori, a «depistare» le indagini verso il medico Francesco Caccamo. Tesi corroborata dall’assoluta assenza di riscontri alle dichiarazioni fatte del legionario nei confronti del dentista, indicato come mandante dell’omicidio di Pia Rontin, per via di una gravidanza indesiderata e interrotta nel corso di una relazione extraconiugale. «Dichiarazioni volutamente depistanti e provocatorie, per distogliere l’attenzione», dichiara Adriani.

Le vecchie perquisizioni

Nei confronti di Vigilanti, sarebbe stato dato poco peso alle perquisizioni che ha subìto in passato. In particolare a quella del 1985, a pochi giorni dall’ultimo delitto, quando gli vennero trovati articoli relativi ai delitti del mostro e in particolare all’omicidio del 1974, quando cioè non esisteva ancora il serial killer.

La Beretta e le altre pistole

E’ proprio in un’intervista a La Nazione, nell’aprile del 2018, che Vigilanti «confessa» di aver posseduto una Beretta calibro 22 sin dagli anni in cui si era trasferito a Prato, cioè nel 1966. Ma, secondo il perito balistico delle famiglie francesi, anche la pistola detenuta ufficialmente da Vigilanti (e precedentemente appartenuta all’altro indagato Caccamo), la High Standard, è compatibile con il munizionamento usato dal mostro e repertato in occasione degli omicidi. Pistola che è sparita assieme ad altri armi in un furto a casa Vigilanti nel novembre del 2013, circostanza che non convince gli inquirenti e neppure la moglie dell’indagato.

Le rivelazioni di suor Elisabetta

Un’altra intervista pubblicata da La Nazione, stavolta all’ex suor Elisabetta, aiuto e confidente di Pietro Pacciani, «apre un mondo» che secondo l’avvocato Adriani non è stato esplorato a dovere dagli inquirenti. La suora ha riferito di quando un detenuto «fascista fino al midollo» (il cui nome è stato segnalato alla procura) le chiese un colloquio e le parlò di campi d’addestramento sulla Calvana in cui avrebbe conosciuto quello che secondo lui era il responsabile dei delitti: un identikit che porta al legionario. Anche il figlio di Vigilanti, tempo addietro in un forum sul mostro intervenne raccontando le «persecuzioni» di polizia e carabinieri

Avvistamenti e dichiarazioni

La parte civile rimarca anche sugli indizi identificati come tali dalla procura, e cioè gli avvistamenti dell’auto rossa con il cofano nero a Calenzano nel 1981 e a Vicchio nel 1984, e le dichiarazioni rese come persona informata sui fatti al pm Paolo Canessa nel 2014 e nel 2015 dallo stesso Vigilanti circa la sua presenza in questi omicidi. «Ero lì per curiosare». Deciderà il giudice Angela Fantechi.