di Stefano Brogioni
FIRENZE
"Siamo in fase di valutazione, al momento la riesumazione della salma di Francesco Vinci non è stata autorizzata". Parole del sindaco di Montelupo, Simone Londi, “custode“ dei resti di uno dei sospettati dell’infinita vicenda del mostro di Firenze.
L’amministrazione comunale di Montelupo ha ricevuto una richiesta da parte della famiglia di Vinci che, tramite il detective Davide Cannella della Falco Investigazioni di Lucca, intende accertare, tramite il dna, se davvero le spoglie che riposano al cimitero dell’Ambrogiana siano quelle di Francesco.
L’operazione, affidata a un genetista e a un medico legale, era stata inizialmente programmata per giovedì scorso. Ma a causa del mancato nulla osta, è stata rimandata. Al momento non c’è una data, anche perché il Comune deve ancora rispondere alla richiesta sottopostagli: probabile che l’amministrazione abbia informato la procura, vista la delicatezza della questione.
Francesco Vinci è ufficialmente morto, assieme al servo pastore Angelo Vargiu, nel rogo della sua Volvo, rinvenuta nei boschi di Chianni nell’agosto del 1993. A causa delle condizioni in cui vennero ritrovati i corpi, carbonizzati, il riconoscimento avvenne mediante la fede e l’orologio, senza alcun riscontro scientifico. A questo s’aggiunge l’intimo convincemento della moglie, Vitalia Melis, convinta di aver “rivisto“ il marito dopo la sua morte.
Quello di Chianni è un duplice delitto irrisolto, oggi annoverato tra le cosiddette “morti collaterali“ che hanno interessato persone a vario titolo coinvolte nella striscia omicidiaria del mostro. Dopo l’assassinio firmato dalla calibro 22 a Baccaiano, nell’estate del 1982, Vinci venne arrestato con l’accusa di essere l’assassino delle coppiette. Un successivo delitto, quello del 1983 a Giogoli, lo scagionò. Ma Francesco Vinci, assieme al fratello Salvatore, è ancora oggi annoverato tra i personaggi della “pista sarda“, l’ipotesi investigativa nata con il collegamento della pistola del mostro al delitto avvenuto nel 1968 a Signa, dove vennero assassinati Barbara Locci, moglie del manovale Stefano Mele, e il suo amante Antonio Lo Bianco. Per il detective Cannella, trovare il dna di Francesco Vinci può essere utile anche alle indagini sul mostro.