Dna e mostro di Firenze: neanche la genetica dipana il mistero. Per via delle numerose contaminazioni dei reperti di delitti risalenti a un’epoca antecedente all’arrivo della scienza applicata alle investigazioni, i dna acquisiti sinora non hanno portato alcuna svolta risolutiva, almeno per ora. Tuttavia, anche in questo periodo, dove non c’è più un fascicolo aperto contro un possibile killer, gli accertamenti proseguono.
Nei giorni scorsi, la procura ha disposto la riesumazione di Francesco Vinci (nella foto), presunto mostro della cosiddetta ’pista sarda’, morto carbonizzato nell’estate ’93 a Chianni. Sua moglie, Vitalia Melis, per anni ha covato la convinzione che in realtà il marito non fosse morto, perché un giorno le parve di averlo rivisto, mentre passando la salutava. Per questo, con l’ausilio del detective Davide Cannella, ha ottenuto la riesumazione finalizzata alla comparazione del dna con quello del figlio.
Se invece quei resti appartenessero a Vinci, questo nuovo dna potrà essere comparato con altri profili acquisiti nel corso degli anni (c’è un dna sconosciuto in un pantalone dei francesi uccisi a Scopeti, ve ne potrebbero essere ricavato altro sulla tenda). Ma in mancanza di un dna attribuibile con ragionevole certezza all’assassino (a tal proposito i legali hanno ventilato l’ipotesi di chiedere le riesumazioni delle vittime), la genetica può essere utile ad approfondire o capire. Riguardo al delitto del ’68, il primo della serie, è in corso un accertamento sulla paternità di Natalino, il bimbo risparmiato dal mostro.
ste.bro.