STEFANO BROGIONI
Cronaca

Mostro di Firenze, clamorose novità dalla perizia: "Caso Pacciani, prova artefatta"

La perizia sul proiettile trovato nell’orto del contadino di Mercatale

Ruggero Perugini e i suoi investigatori durante la perquisizione nella casa di Pacciani

Firenze, 14 luglio 2019 - I segni sul proiettile trovato nell’orto di Pietro Pacciani (nella foto sotto), nella maxi perquisizione dell’aprile del 1992, non sono il risultato delle impronte dell’inserimento di quel bossolo nella camera della Beretta del mostro di Firenze, mai ritrovata. Ma sono stati artefatti, costruiti, fabbricati. Come se qualcuno avesse voluto forzare la mano e dare consistenza ai sospetti sul contadino che, in quella primavera, era stato appena indagato per i duplici omicidi che insanguinarono Firenze tra il 1968 ed il 1985. Quella prova, che mai convinse a pieno i periti e i giudici dei due processi nei confronti del ‘Vampa’, non sarebbe dunque genuina: le conclusioni della perizia firmata dal consulente balistico della procura di Firenze, Paride Minervini, sono una bomba e innescano una nuova inchiesta, per scoprire se c’è stata qualche «mano» che ha voluto influenzare o forzare gli inquirenti.

Pietro Pacciani
Pietro Pacciani

Mentre si chiude l’ultimo fascicolo nei confronti di ipotetici autori o mandanti, con la richiesta di archiviazione per i due indagati, l’ex legionario di Prato Giampiero Vigilanti e il medico Francesco Caccamo, se ne sta per aprire un altro, affascinante e grottesco, con l’ipotesi di depistaggio. E potrebbe arrivare a niente, ma anche a verità sconvolgenti.

Il proiettile che l’allora capo della Sam, Ruggero Perugini, il 29 aprile 1992 vide luccicare nel terriccio di un paletto da vigna in cemento, mentre la casa di Mercatale veniva rivoltata come un calzino, era stato tagliato a metà dai periti che lo analizzarono (anche per ‘datare’ il suo interramento) per dare il loro contributo al processo che il 1° novembre del 1994 vedrà l’«agnelluccio» condannato per tutti gli omicidi ad eccezione del 1968. Oggi, anche con il reperto spezzato, il consulente della procura Minervini – l’esperto che ha dato il suo contributo in tutti i più grandi misteri italiani, dall’omicidio di Nicola Calipari in Iraq al traghetto Moby Prince – con apparecchiature sofisticatissime è riuscito ad escludere che il proiettile dell’orto, marca Winchester, serie H, identico a quelli presenti in ogni delitto del mostro, sia mai stato incamerato in un’arma.

Di più: i segni sul bossolo, che i periti definirono di ‘spallamento’ (ipotizzarono che la cartuccia incamerata si fosse inceppata) sarebbero stati creati a mano, probabilmente con un piccolo arnese. Chi ha fatto ciò? Scoprirlo, sarà la missione del nuovo capitolo dell’inchiesta infinita.

Gli indizi contro Pacciani non bastarono alla corte d’assise d’appello per confermare la sua condanna; e la compatibilità di quel proiettile, che contribuì all’ergastolo in primo grado, con la misteriosa arma del mostro, divenne irrilevante. Ma anche l’assoluzione verrà annullata, il Vampa però morirà prima di un nuovo processo. Su quella cartuccia, aveva sempre gridato al complotto. Ora, gli investigatori hanno una nuova scommessa davanti: capire. E calarsi negli anni in cui la procura, dopo il periodo del terrorismo e della tensione, dopo errori e piste cieche, si buttò a capofitto a cercare il mostro. E ne trovò uno.