di Stefano Brogioni
FIRENZE
Una perizia sulla tenda in cui il mostro di Firenze sorprese le sue ultime due vittime, i francesi Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, nel settembre del 1985. Un esperto di tessuti di Prato potrebbe cambiare la storia del caso giudiziario più intricato d’Italia: Primo Brachi, fondatore di un accreditato laboratorio di analisi tessili, ieri mattina ha toccato con mano quel che resta della canadese repertata dopo il delitto di Scopeti e già analizzata dal genetista Ugo Ricci, nel 2015, per la ricerca di dna. Seppur con difficoltà, in una stanza della procura, davanti a inquirenti muniti di guanti e mascherine, è stato individuato un punto della stoffa di uno dei due teli della tenda ritenuto sufficiente per compiere l’accertamento. Entro alcune settimane, Brachi consegnerà le sue conclusioni. Un lavoro analogo, per conto delle pm Ornella Galeotti e Beatrice Giunti che hanno autorizzato questa analisi a suo modo storica, sarà eseguito anche da un’equipe di un altro isitituto pratese, il Buzzi.
Il superconsulente Brachi è stato incaricato dagli avvocati Valter Biscotti e Antonio Mazzeo, i legali che per conto del nipote di Mario Vanni, Paolo, puntano alla revisione della sentenza di condanna all’ergastolo del postino di San Casciano. L’esperto di tessuti dovrà rispondere soprattutto a una domanda: e cioè se lo squarcio nella tenda sia stata effettivamente fatto con una lama e sia quindi compatibile con il racconto reso da Giancarlo Lotti, testimone che, chiamandosi in correità con Pietro Pacciani e lo stesso Vanni, riferì di aver visto il compagno di merende tagliare la tenda con un coltello dal basso verso l’alto, prima di infilarcisi dentro.
L’ipotesi che va cercando conferma, è che Lotti abbia mentito. Due mesi fa, sempre nell’ottica della richiesta di revisione da depositare alla corte d’appello di Genova, competente sul distretto fiorentino dove, negli anni ’90, Vanni venne condannato sia nel primo che nel secondo grado, prima della conferma in Cassazione, sempre per conto dei due avvocati del nipote, è stato eseguito, nella stessa piazzola, negli stessi giorni del mese in cui avvenne il delitto, un esperimento sulle larve. Le conclusioni di due entomologi, la dottoressa Fabiola Giusti e il professore Stefano Vanin, sono tranchant: le larve presenti sul cadavere di Nadine sul tavolo autoptico sono incompatibili con la morte dei due francesi collocata la domenica.
Dunque, delitto da retrodatare almeno al sabato, secondo la "certezza scientifica" di una disciplina che nel 1985 ancora non esisteva, e soprattutto “bocciatura“ della testimonianza di Lotti, che si autoposizionò a Scopeti proprio la sera di domenica 8 settembre.
Basteranno queste argomentazioni a convincere i giudici a rimettere in discussione la verità giudiziaria sui compagni di merende, ritenuti i coautori, con Pacciani, degli ultimi quattro delitti del mostro? Per corroborare la loro tesi, Biscotti e Mazzeo, che si avvalgono della consulenza di Francesco Cappelletti, fondatore del blog-archivio sulla storia del mostro, Insufficienza di prove, hanno chiesto alla procura di poter accedere agli atti mai confluiti nelle carte processuali riguardanti il delitto avvenuto a Baccaiano nell’estate del 1982. "In quell’occasione il mostro ha sbagliato e ha avuto paura", dicono i due legali.
Si tratta del duplice omicidio in cui la vittima, Paolo Mainardi, riuscì a mettere in moto l’auto, prima di finire in un fossetto dal lato opposto della strada: la pm Silvia Della Monica fece trapelare sui giornali che il giovane, prima di morire, avrebbe dato importanti indicazioni sull’assassino. Uno degli autisti dell’ambulanza venne bersagliato di strane telefonate anonime fino in vacanza. Era il mostro a cercarlo?
Per Biscotti, poi, il collegamento con il delitto del 1968 avvenuto sempre nel 1982 tramite il ritrovamento di bossoli e proiettili nel faldone del processo al condannato Stefano Mele e la conseguente nascita della pista sarda "furono un depistaggio di una raffinata intelligenza criminale".