
di Stefano Brogioni
FIRENZE
Ci sono dei fili che legano i misteri del Trasimeno e quelli del mostro di Firenze. Un altro di questi si è spezzato, come una maledizione che aleggia su malcapitati testimoni di un romanzo a tinte fosche. Si chiamava Piero Bricca, aveva 70 anni, era un maresciallo della polizia delle acque umbra e nell’ottobre del 1985 partecipò alla ricerche di Francesco Narducci, il medico legato al filone perugino dell’inchiesta sui delitti delle coppiette. Bricca è stato trovato morto nel lago, come Narducci. Sarà l’autopsia a dire perché: se è finito dentro perché colto da un malore mentre pescava o se sia scivolato accidentalmente, nelle acque che tanto amava. Le aveva perlustrate anche 35 anni fa, non per passione ma perché l’imbarcazione del gastroenterologo Narducci non aveva più a bordo il suo conduttore. E qui comincia il mistero. Uno dei tanti. 8 ottobre 1985: Narducci lasciò il policlinico di Monteluce e raggiunse il lago.
Non tornerà più. "La notte stessa della scomparsa di Francesco Narducci – disse Bricca agli inquirenti, sentito nell’inchiesta del pm Giuliano Mignini – trovammo la barca, poco dopo la mezzanotte nel canneto del lato sud ovest dell’isola Polvese, con le chiavi ancora inserite ed il cambio in folle". "Ricordo anche che nei giorni seguenti i familiari di Narducci fecero venire dei maghi e anche una donna che ospitai sulla mia motovedetta. Usarono dei pendolini e altri accessori magici". "Ho ancora davanti agli occhi l’immagine del corpo". Già, il corpo. Nel turbine di storie che s’intrecciano, tra Firenze e Perugia, passando per San Casciano, in un mix indistinguibile di ricordi, suggestioni e dicerie, di certezze ce ne sono poche. Una però sì: il cadavere ripescato il 13 ottobre del 1985, sotto gli occhi di Bricca e dei vertici locali di polizia e carabinieri, non era lo stesso che gli inquirenti riesumarono anni dopo, quando l’ipotesi dell’omicidio del dottore divenne un’inchiesta. "Non sembrava Narducci, non sembrava nemmeno un uomo bianco. Aveva labbra tumefatte, molto grosse, la pelle scurissima. Aveva una camicia attorno al collo, una cravatta allacciata molto stretta, tanto che pensai che il colore scuro dipendesse dalla strozzatura della cravatta", dichiarò Bricca. Un cadavere "prestato" per una messinscena: nascondere la strana morte del medico. Ma di chi sarebbe stato il corpo ripescato, che non venne mai sottoposto all’autopsia nonostante un inusuale dispiegamento di "potenti"?
Il fotoreporter Pietro Crocchioni, frugando nel suo archivio, scovò un incredibile somiglianza tra il corpo che fotografò steso sul pontile di Sant’Arcangelo e il cadavere di un messicano ucciso mesi prima e abbandonato in un campo, Jorge Horacio Hernandez Heredia. Concidenze, forse, della storia maledetta che qualche mese fa si è portata via pure Crocchioni, il fotografo dello scoop, ucciso da un brutto male. Coincidenze, certo. Tra le tante, ci sono le altre incredibili morti nel Trasimeno di altre persone che quella domenica erano a Sant’Arcangelo: i cognati Ugo Baiocco e Arnaldo Budelli, affogati pure loro nel lago che conoscevano come le loro tasche.
Ma Narducci c’entrava con i delitti del mostro di Firenze? Magari una risposta ce l’avrebbe avuta il poliziotto Emanuele Petri, che aveva avviato accertamenti su questa pista. Morì nel 2003 in un conflitto a fuoco con i brigatisti Mario Galesi e Nadia Desdemona Lioce. E non poté mai riferire in procura cosa aveva scoperto.